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Resta un mistero quello della diga del Metramo, i campi sono aridi e l’acqua resta inutilizzata: un’opera importante resta incompiuta


GALATRO – Lo abbiamo scritto per anni, ma nessuno ci ha dato mai risposta: per quale strano mistero l’acqua della Diga sul Metramo non viene utilizzata? Perché dopo tanti anni quell’immensa vasca contenente oltre 27 milioni di metri cubi di acqua che potrebbero lenire la sete e gli approvvigionamenti idrici per circa 30 mila ettari di terreno agricolo, resta lì senza essere canalizzata a valle? Domande, interrogativi che riemergono ogni qual volta in Calabria e in Italia si affronta il problema della siccità.
E mai come oggi la siccità torna al centro dell’attenzione politica con la Sorical che certifica quest’anno una carenza del 45% delle risorse idriche. La nostra è, sì, una regione ricca di risorse acquifere, ma oltre le metà di queste risorse si perde tra i rivoli di una rete colabrodo. Poi ci sono i misteri che avvolgono invasi che acqua ne contengono tanta, ma restano perennemente chiusi.

IL MISTERO DELLA DIGA SUL FIUME METRAMO: UN’OPERA INCOMPIUTA

La Diga sul fiume Metramo è in fondo anch’essa una grande incompiuta anche se è stata realizzata spendendo centinaia di miliardi di vecchie lire, collaudata nel 2013, ma mai entrata in funzione. Il progetto di realizzare nell’invaso del fiume Metramo in località Castagnara, al confine tra i comuni di Galatro e di San Pietro di Caridà, una grande diga nacque negli anni ’70 ed era propedeutico alla nascita del mai realizzato Quinto Centro Siderurgico di Gioia Tauro. E, nonostante quel progetto sia fallito ancor prima di nascere, la diga viene completata nella parte più importante senza però mai procedere alla realizzazione delle opere di canalizzazione per portare l’acqua a valle, nei centri della Piana.

Costruita ad un’altezza di circa 900 metri sul livello del mare, ha una capacità lorda in serbatoio di 27,4 milioni di metri cubi con una superficie di lago di 1,06 Kmq, il corpo diga ha un’altezza di 102 metri, una larghezza di base di 461 metri, una larghezza di coronamento di 10 metri e uno sviluppo di coronamento di 595 metri. Un’opera tecnicamente impegnativa perché realizzata con “materiali sciolti”, intrecci di terriccio detto “rock- fill” in condizioni geomorfologiche molto difficili; una elevata sismicità della zona e la scarsità di materiali idonei per la costruzione dello sbarramento. Fu messo a punto un dispositivo articolato, da realizzarsi con l’iniezione di miscele sia tradizionali che speciali, studiate e sperimentate in fase di indagine. Fu prevista l’esecuzione di un sistema di opere profonde accessibili (rete di cunicoli e pozzi di fondazione che consentisse la ripresa delle iniezioni anche a diga finita ed in esercizio).
Un successo tecnico, insomma, che però ha bisogno di manutenzione continua e soprattutto di un’osservazione attenta e di un monitoraggio scrupoloso, che però segna il passo, da anni.

NUMEROSE RICHIESTE DI FINANZIAMENTO PER LE OPERE DI ADDUZIONE MA TUTTO TACE

Innumerevoli sono state le richieste di finanziamento delle opere di adduzione per sfruttare l’acqua, ma ad oggi nulla è mai arrivato al Consorzio di Bonifica di Rosarno che la gestisce. Quell’acqua è una ricchezza per la Piana però resta lì creando un grande lago. Ed allora le domande sul perché tutto resta fermo appaiono legittime. Perché non canalizzare l’acqua a valle? Cosa nasconde quella Diga? Sono vere le voci secondo le quali in quella Diga sarebbero stati nascosti scorie radioattive o rifiuti tossici? Anni fa venni denunciato per procurato allarme dall’allora sindaco di Galatro perché avevo ipotizzato, sulla scorta di documenti desecretati dei Servizi segreti italiani, che proprio lì nel corpo della Diga sarebbero stati sotterrati rimorchi con materiale misterioso.
La denuncia finì con un’archiviazione e quel pezzo pubblicato sul Quotidiano della Calabria finì al centro dell’attenzione dei cittadini di Galatro che per approfondire il contesto ed i pericoli paventati organizzarono un convegno invitando tra gli altri, l’ex capo del pool sulle navi a perdere del quale facevano parte il capitano Natale De Grazia e il magistrato Francesco Neri.

IL RUOLO DELLA GEO RADAR E IL TRAFFICANTE DI RIFIUTI GIORGIO COMERIO

Concludendo i lavori di quel convegno Neri fece una rivelazione clamorosa dicendo che il suo ufficio in quegli anni aveva potuto verificare che durante la costruzione della Diga lavorò una società, la Geo Radar, riconducile all’allora noto trafficante internazionale di rifiuti tossici e radioattivi Giorgio Comerio. Mai nessuno seppe cosa effettivamente fece la Geo Radar nei cantieri della Diga, così come mai nessuno riuscì a trovare traccia nei registri dei subappalti di un ipotetico contratto tra il Consorzio di Imprese che costruì la Diga Fe. Lo.Vi.

Cosa fecero dunque gli uomini della Geo Radar in località Castagnara? Un mistero tra i misteri rimasto ancora insoluto così come non è stato mai verificata la presenza di rimorchi carichi di chissà che nel corpo Diga.
Un indizio che fece molto preoccupare si verificò a metà degli anni ’80 del secolo scorso quando un camion cisterna finì sotto una scarpata lungo i tornanti poco sopra l’abitato della frazione Bellantone di Laureana di Borrello, sversando una specie di impasto biancastro. Si disse allora che si trattava di una speciale colla che serviva a tenere insieme i vari tipi di terriccio che componevano il corpo della Diga. Dopo il convegno di Galatro, l’Arpacal fece degli approfondimenti ma disse di non aver trovato nulla di particolare. Sarà così? Occorre fidarsi, si direbbe, ma allora perché nessuno mai ha finanziato le opere di adduzione per utilizzare quel tesoro di acqua? Ci sono altri misteri? E se sì quali?

L’IPOTESI DI CONFLITTO TRA SORICAL E CONSORZIO DI BONIFICA

C’è stato anche chi ha ipotizzato un conflitto tra la Sorical e il Consorzio di Bonifica sulla commercializzazione o l’utilizzo dell’acqua del Metramo. Un indizio arriva dallo stesso Consorzio di Bonifica il quale, sempre nel 2016 chiede alla Regione “la concessione dell’uso plurimo delle acque al fine di realizzare un progetto per uso irriguo, potabile, idroelettrico, antincendio e turistico”.
Un progetto che aveva superato tutti gli adempimenti previsti dalla normativa di riferimento, nonché le propedeutiche e necessarie autorizzazioni, ivi compreso il parere vincolante dell’Autorità di Bacino Regionale fino ad arrivare, a seguito della richiesta del Dipartimento Infrastrutture, Lavori Pubblici, Mobilità, alla pubblicazione sul Burc. Neanche allora se ne fece nulla nonostante i solleciti.
Quel progetto del Consorzio di Bonifica avrebbe consentito di elargire per il fabbisogno idrico potabile 3 Mmc con una portata di 100 l/s e quindi un servizio per 50.000 abitanti, per fabbisogno irriguo impianti consortili 21 Mmc con una portata da 0,66 mc/s fino a 1,6 mc/s e quindi una potenziale estensione della superficie irrigabile nella piana di Gioia Tauro fino a ettari 20.000, ma anche la costruzione di una centrale idroelettrica di valle con portata 24/24 ore da 0.66 mc/s a 1,50 mc/s. Già, perché vi era anche l’ipotesi di realizzare una piccola centrale idroelettrica che avrebbe prodotto 2,5 Mwat riprendendo una vecchia attività di produzione idroelettrica che sorgeva a Galatro in contrada “Gonì”, ai piedi del monte S. Elia.

LA VECCHIA CENTRALE

I lavori per la costruzione della vecchia centrale furono iniziati nel 1913 per conto della Sec (Società Elettrica della Calabria) e completati nel 1919, anno in cui Galatro ha avuto la corrente elettrica. Una centrale che produceva 1000 Kw di energia all’ora fornendo corrente a molti paesi della Calabria. Come funzionava? Un grosso canale d’acqua prelevata dal fiume Metramo, nella contrada “Testana” percorreva tutta la contrada S. Elia arrivando al “Bacino”. Da qui scendeva a valle nella contrada “Gonì” per mezzo di grossi tubi. Qui erano sistemate le dinamo. In seguito all’alluvione del 1971 tutto venne danneggiato ed abbandonato.
Della Diga si parla ad ogni giro elettorale regionale o nazionale ma fino ad oggi nessun passo avanti si è fatto e quei 27 milioni di metri cubi di acqua restano lì nell’invaso nonostante la carenza di acqua potabile o ai fini irrigui. Un mistero tra i misteri quello della diga del Metramo, in una regione nella quale l’assurdo spesso diventa realtà quotidiana.

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