X
<
>

Share
3 minuti per la lettura

Migliaia di tonnellate di rifiuti speciali scarichi abusivamente nel torrente Valanidi, ordinanza cautelare per 5 persone e sequestro di un’azienda edile


REGGIO CALABRIA – I carabinieri di Reggio Calabria hanno eseguito un’ordinanza di misura cautelare personale e reale nei confronti di 5 persone, di età compresa tra i 35 e i 65 anni. I 5, con precedenti a vario titolo in materia ambientale ed associazione di tipo mafioso, sono titolari e dipendenti di un’azienda specializzata in attività di demolizione e movimento terra. Secondo l’accusa sono responsabili di far parte di un’associazione finalizzata al traffico illecito di rifiuti. Si sarebbero resi responsabili di disastro e inquinamento ambientale, attività di gestione di rifiuti non autorizzata, occupazione abusiva di suolo pubblico.

In particolare, i carabinieri hanno arrestato ai domiciliari l’imprenditore edile Bruno Crucitti, 65 anni. Mentre hanno denunciato Francesco e Daniele Crucitti, rispettivamente, di 48 e 46 anni, Edoardo Belfiore, 57 anni, e Giovanni Vittoriano Salvatore, 59 anni.

L’operazione rappresenta l’epilogo di una indagine iniziata nel gennaio e conclusa ad aprile 2023, dalla Stazione di Rosario Valanidi della Compagnia di Reggio Calabria. Attività coordinata dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria – Direzione Distrettuale Antimafia – diretta dal procuratore Giovanni Bombardieri. Con questa operazione i carabinieri hanno interrotto una serie di reati, tra i più pericolosi per l’ambiente e l’incolumità pubblica.

Gli accertamenti dei militari sono iniziati dopo la scoperta del presunto sfruttamento delittuoso del torrente Valanidi, da parte della società edile sequestrata. In particolare sarebbe emersa l’esistenza di un vero e proprio sodalizio criminale dedito alla commissione di delitti in materia ambientale. Le indagini hanno consentito di verificare come l’azienda «in assenza di concessioni e autorizzazioni ambientali, riceveva e trasportava abusivamente all’interno del proprio cantiere – spiegano i carabinieri – ingenti quantitativi di inerti, provenienti da attività edili di terzi. In modo da ottenere illeciti profitti, eludendo la prevista tracciabilità dell’origine, natura e destinazione».

Gli indagati avrebbero svolto il traffico illecito «utilizzando anche false attestazioni. I mezzi pesanti aziendali, con un centinaio di operazioni di scarico al mese, sversavano nel greto del torrente Valanidi ingenti quantitativi di rifiuti speciali. Materiale inerte e relativi residui fangosi, scarti da cantieri edili e demolizione». Inoltre, i carabinieri hanno scoperto «numerose discariche a cielo aperto collocate nell’alveo del fiume per circa un chilometro». Nello specifico si stima che «all’interno della fiumara, bene demaniale sottoposto a tutela paesaggistica, erano stati illecitamente smaltiti oltre cinquemila tonnellate di rifiuti speciali». Oltre tutto, «in maniera indiscriminata, mediante i propri escavatori», la ditta avrebbe prelevato dall’alveo del fiume «pietrisco per il successivo reimpiego in lavorazioni di settore».

Da questa attività «il torrente Valanidi, certificato anche come corridoio ecologico tra due habitat naturali protetti, subiva un disastro ambientale». Con gli sversamenti «che ne determinavano l’alterazione della normale conformazione». Infatti i continui scarichi hanno creato «barriere artificiali originate dalla stratificazione e compattazione dei materiali smaltiti, cagionando in tal modo un forte pregiudizio al naturale decorso delle acque». Una situazione che ha comportato una amplificazione «del pericolo esondazione in zona già classificata a rischio sotto il profilo dell’assetto idrogeologico». Il tutto «con ipotizzabili effetti devastanti per gli 83 nuclei familiari residenti nelle adiacenze».

Sul punto una «specifica perizia tecnica ha certificato la compromissione della morfologia naturale del sito a causa delle operazioni, che hanno causato l’incremento della possibilità di esondazione in caso di eventi pluviometrici estremi, l’aumento del rischio igienico sanitario, la deturpazione dell’area e danni agli habitat fluviali».

Nell’ambito dell’operazione i carabinieri hanno sequestrato l’intero patrimonio aziendale, comprensivo di conti correnti e quote sociali, autocarri, mezzi d’opera ed autovetture di lusso. I soggetti coinvolti, tra l’altro, in passato erano già incorsi in provvedimenti antimafia che hanno portato alla confisca di una precedente società operante nello stesso settore e riconducibile, secondo gli inquirenti, a locali cosche di ‘ndrangheta.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE