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Un'immagine della serie televisiva

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SAN LORENZO (REGGIO CALABRIA) – “Fermate lo Squid game”. E’ l’allarme rosso che don Giovanni grida a gran voce. Il parroco delle comunità di Roghudi e Marina di San Lorenzo, invita chi di dovere ad intervenire in maniera da proteggere i bambini ed i giovanissimi.

Don Zampaglione, educatore che segue da vicino le problematiche giovanili, da giorni vede postare su facebook delle immagini che richiamano alla serie televisiva (“Squid game”).

Preoccupato per la violenza che ci può essere in ogni ambiente soprattutto quello scolastico, ha dichiarato: «”Squid game” è una serie televisiva (tra l’altro sudcoreana e in lingua originale con sottotitoli) che si appresta a diventare la più vista in assoluto su Netflix, surclassando persino la casa di carta. I nove episodi di Squid game (letteralmente il “gioco del calamaro”) raccontano la storia ambientata ai giorni nostri in Corea del Sud, di Gi-hum, sfaccendato quarantenne, divorziato, una figlia di 10 anni, scommettitore incallito, un grosso debito con le banche e gli strozzini, che vive sulle spalle dell’anziana madre fino a che un giorno le viene offerta la possibilità di diventare miliardario, partecipando a una serie di giochi ispirati a quella dell’infanzia che ben presto si riveleranno una e vera lotta per la sopravvivenza: chi perde viene ucciso. Tra i protagonisti e gli stessi giocatori ci sono scene crude, situazioni drammatiche, violenza gratuita, in base al principio morte tua via mia. Mi auguro che per questa serie televisiva e questo gioco (Squid game) vengano al più presto presi dei seri provvedimenti».

«E’ vero – conclude – che si suggerisce la visione al di sopra dei 14 anni di età, ma spesso i genitori non sono presenti in casa e poi si rischia che questa violenza gratuita, vista in televisione si ripercuota o venga emulata dai stessi giovanissimi o peggio ancora dai bambini, che a mio avviso dovrebbero crescere in ambienti sani. Bisogna tornare a “riempire” gli oratori e magari ritornare ai giochi di strada solo così avremo dei giovanissimi capace di stare insieme e meno concentrati su un computer che è diventato (lo dico con tristezza) il loro migliore amico perdendo di vista l’amico vero con il quale confrontarsi e magari giocare nel pomeriggio».

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