Il pronto soccorso dell'ospedale di Locri
2 minuti per la letturaARDORE – Ospedale civile di Locri: entra col femore rotto ed esce morto. Non è la prima volta che accade, ma, questa volta, a rimetterci la vita è stato mio padre. Era la notte di ferragosto, quando la frattura dell’osso della sua coscia sinistra, lo fece cadere rovinosamente sul pavimento, andando a sbattere pure la zona parietale della testa.
Medicato tempestivamente, venne trasportato in codice rosso al pronto soccorso dell’ospedale di contrada Verga per la radiografia dell’arto e la Tac encefalo. L’esito negativo di tali esami, per bocca del personale medico, consentiva le dimissioni, già nel pomeriggio, dopo che anche l’angio Tac con mezzo di contrasto, frattanto eseguita, dava il medesimo esito. Ma rimesso in piedi per l’uscita, papà purtroppo non si reggeva.
Palesata da noi figli la frattura all’ortopedico, la lettura radiografica più accurata ne dava conferma, dapprima erroneamente dell’anca poi del femore sinistro. Ricovero in ortopedia, esami routinari, anestesia spinale ed intervento con chiodo endomidollare seguiranno entro il giorno dopo. Pervenute le dimissioni dal reparto il 23, l’intento sarebbe stato di ricoverarlo presso una struttura riabilitativa.
Ma giunti nel centro, quando tutto sembrava filasse liscio, sarà l’ulteriore visita medica a rilevare la temperatura corporea di 38 gradi centigradi e il conseguente diniego di accoglierlo nell’apposita struttura. Papà era stato dimesso dal reparto di ortopedia dell’ospedale di Locri nonostante la febbre. Trasportato nuovamente al pronto soccorso, qui, dopo tante tribolazioni compreso il rimpallo dell’ulteriore ricovero, sarà accolto, nella tarda serata, ancora in ortopedia, soltanto dopo due esami specialistici.
Ci rimarrà nel reparto, con febbre persistente, tra consulenze urologiche, pneumologiche, internistiche e rianimatorie, per altri lunghissimi 9 giorni, quando l’evidente urgenza di liberare posti letto nel reparto, dinanzi a “tonnellate di consulenze eseguite”, indurrà i sanitari al punto di dimetterlo per la seconda volta. Soltanto noi figli e i volontari accorsi, che avremmo dovuto trasportarlo nella struttura per la riabilitazione la mattina del primo settembre, contestiamo la decisione assunta, condivisa poi dal rianimatore sopraggiunto, il solo che ci metterà a conoscenza di una polmonite in forma bilaterale e di uno stato di disidratazione in atto.
Disposto il trasferimento immediato in rianimazione, il cuore, dinanzi a un quadro clinico già fortemente compromesso, cesserà di battere il 4 di settembre. Anche questo è l’ospedale di Locri, dove, tra mancanza di umiltà di molti, negligenza, imprudenza e imperizia di alcuni, si muore con una facilità assurda, considerando che, nel caso di mio padre, probabilmente, sarebbe bastata una semplice radiografia al torace per diagnosticare la febbre persistente.
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