Gli accertamenti dei carabinieri sui rifiuti sotterrati
3 minuti per la letturaGIOIA TAURO (REGGIO CALABRIA) – Non bastavano i fumi nocivi dell’inceneritore in contrada Cicerna a Gioia Tauro, una zona un tempo florida di piantagioni di agrumi ma anche di frutti delle terra, seminativo ed altri beni che la terra offriva ed oggi divenuta il centro dello smaltimento illecito di rifiuti speciali, sotterrati nella terra per farli sparire.
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Una zona dove oggi i pochi contadini rimasti che coltivano i pomodori li vedono crescere al massimo un metro con frutti neri come la pece. E nell’aria quell’odore acre di cenere ed una puzza nauseabonda degli scarti del termovalorizzatore.
Il veleno degli uomini ha avvelenato anche quella zolla di terra proprio davanti al porto ove un tempo si sentiva solo il profumo della zagara ed oggi invece il fetore della contaminazione. In quella C.da Rocco Delfino, uno dei principali indagati nell’operazione Mala Pigna avrebbe sotterrato chissà quanto rifiuti speciali che hanno avvelenato la terra. Cadmio, cromo, nichel, piombo, rame, zinco, idrocarburi, benzene sono stati rilevati con percentuale altissima in alcuni casi anche fino al 6000% in più rispetto ai valori normali.
Un disastro ambientale che per sanarlo occorrerebbe spostare decine di migliaia di tonnellate di metri cubi terra con un costo stratosferico. Smaltimento che Delfino avrebbe compiuto con l’aiuto di Vincenzo Muratore, un gioiese incensurato di 44 anni, che aveva il compito di mettere in moto le ruspe e le motopale per sotterrare chissà quali e quanti porcherie.
I due si chiamavano “fratelli”, segno del legame che li intrecciava anche nelle attività illecite. E quando Delfino notava la presenza delle forze dell’ordine nella sua zona chiamava subito Muratore per assicurarsi che sul terreno non vi fossero segni di scasso e che tutto fosse regolare. In occasione di un’ispezione disposta dalla Procura di Palmi Muratore era colui che avrebbe dovuto indicare con precisione il luogo dove fare i test evitando di far saltare fuori i magagni che avevano mezzo in atto.
E siccome l’interramento lo aveva fatto direttamente Muratore, secondo quanto ricostruisce l’accusa fu proprio lui che indicò il luogo dove fare le verifiche.
«Tranquillo – disse un giorno a Delfino per trovare qualcosa debbono scavare fino a tre mesi sotto». Tranquillità inquietante quella dei due “fratelli” i quali nonostante i pericoli che recavano all’ambiate apparivano assolutamente sereni. Ma chi tranquillo non può stare è la gente di Gioia Tauro la cui salute viene messa a rischio non solo dall’assenza di strutture sanitarie, ma anche chi come questi criminali avvelenano la terra e le falde acquifere.
Gioia Tauro è uno di quei centri dove le morti per patologie oncologiche hanno subito in questi ultimi anni un’impennata notevole. Un luogo dove si concentrano non solo impianti di smaltimento di rifiuti o discariche lasciate all’abbandono come quella in contrada Marrella, ma anche impianti di depurazione di sostanze che arrivano da mezza Italia, ma anche casi di avvelenamento della terra come quello scoperto dall’inchiesta della Dda di Reggio Calabria.
Ci sarebbe da fare una rivoluzione sociale e civile contro questi criminali, ma fino a ieri il silenzio più assoluto da parte della politica, delle istituzioni e delle associazioni cittadine.
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