Suor Anna Donelli
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Al centro delle indagini della distrettuale antimafia sulla ‘ndrangheta nel Bresciano il clan dei Tripodi di Sant’Eufemia, tra gli arrestati anche ex consiglieri di Fdi e Lega e una suora
BRESCIA – Ci sono anche una suora ed alcuni politici locali tra gli arresti effettuati dalla Polizia di Stato e dalla Guardia di finanza, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica di Brescia. Sono 32 le misure cautelari, col sequestro preventivo di oltre 1,8 milioni di euro e numerose perquisizioni nelle province di Brescia, Reggio Calabria, Milano, Como, Lecco, Varese, Verona, Viterbo e Treviso.
Una maxioperazione interforze che ha permesso di sgominare un’associazione mafiosa di matrice ‘ndranghetistica operativa sul territorio bresciano dedita a estorsioni, traffico di armi e droga, ricettazioni, usura, reati tributari, riciclaggio e scambio elettorale politico mafioso. Al centro delle indagini la famiglia Tripodi originaria di Sant’Eufemia D’Aspromonte, ritenuta collegata strettamente con i più noti Alvaro di Sinopoli. I Carabinieri del Comando provinciale di Brescia hanno eseguito altre ordinanze cautelari, nell’ambito della stessa indagine, nei confronti di promotori e partecipi alla stessa associazione ‘ndranghetistica per i medesimi reati, aggravati dal metodo mafioso.
‘NDRANGHETA NEL BRESCIANO, TRA GLI ARRESTATI NOMI DELLA POLITICA E UNA SUORA
Agli arresti domiciliari persone residenti in diversi angoli della provincia, tra di loro anche l’ex consigliere comunale di Brescia in quota Fratelli d’Italia Giovanni Acri che si sarebbe messo a disposizione del gruppo ‘ndranghetista in veste di medico quale è «anche in occasione di ferimenti degli appartenenti al sodalizio e dei loro complici durante l’esecuzione di reati».
La religiosa suor Anna Donelli, ritenuta «a disposizione del sodalizio per garantire il collegamento con i sodali detenuti in carcere» e Mauro Galeazzi, ex esponente della Lega nel Comune di Castel Mella, già arrestato in passato per tangenti e poi a scarcerato e assolto, a cui gli avrebbero proposto «da candidato sindaco al Comune di Castel Mella nel 2021, di procurargli voti in cambio dell’ottenimento di appalti pubblici». Tutti avrebbero favorito la cosca Tripodi, «sia al fine di conseguire vantaggi patrimoniali illeciti sia di mantenere e rafforzare la capacità operativa del sodalizio e la fama criminale del gruppo criminoso».
«LA ‘NDRANGHETA È RADICATA NEL BRESCIANO»
«È un’indagine che conferma il radicamento di organizzazioni criminali che trovano articolazioni anche in questo territorio. Parliamo di soggetti legati alla ‘ndrangheta che avrebbero sfruttato la fama criminale dell’organizzazione d’origine, adeguandosi al territorio del nord dove si occupa di materia fiscale». Lo ha detto il procuratore capo di Brescia Francesco Prete durante la conferenza stampa sull’inchiesta, coordinata dai pm Francesco Carlo Milanesi e Teodoro Catananti, durata tre anni. «Nel Bresciano c’è un radicamento mafioso viscido – ha aggiunto Prete – che rende difficile il nostro lavoro».
LE INDAGINI
Le indagini sono partite a settembre del 2020 ed hanno riguardato l’operatività nel Bresciano di un’associazione per delinquere di matrice ‘ndranghetistica, originaria di Sant’Eufemia d’Aspromonte nel reggino, attiva da anni in provincia e legata da rapporti federativi alla cosca “Alvaro”, egemone nella zona aspromontana compresa tra i comuni di Sinopoli e Sant’Eufemia d’Aspromonte. L’attività investigativa ha permesso di ricostruire l’organigramma del sodalizio che, facendo leva sulla forza di intimidazione che deriva dal vincolo associativo, avrebbe riprodotto una cosca “locale” dedita a estorsioni, traffico di armi e stupefacenti, ricettazioni, usura e scambio elettorale politico-mafioso.
In particolare, nel corso delle indagini sono emersi i legami tra gruppi criminali sempre di matrice ‘ndranghetistica presenti nell’hinterland bresciano, tra i quali si sarebbe instaurato un rapporto di mutua assistenza finalizzato alla realizzazione di una moltitudine di condotte illecite. Sono stati inoltre documentati i legami tra il sodalizio mafioso e una persona (Mauro Galeazzi) con esposizione pubblica, attivo nella comunità bresciana, con il quale il sodalizio avrebbe intrattenuto rapporti caratterizzati dal patto scellerato dello scambio elettorale politico-mafioso e l’impegno per il sostegno elettorale del clan con la futura promessa di reciproci illeciti vantaggi economici.
LA PENETRAZIONE DELLA COSCA ANCHE NEL CARCERE
La pervasività della caratura delinquenziale della consorteria è stata, inoltre, dimostrata dalla capacità di penetrare le strutture carcerarie e veicolare messaggi ai detenuti, avvalendosi del sostegno di persone fidate e insospettabili, come quello fornito da una religiosa, che, più volte, avrebbe svolto il ruolo di intermediario, tra gli associati e soggetti in detenzione, approfittando dell’incarico spirituale che le consentiva di avere libero accesso alle strutture penitenziarie. Parallelamente, il gruppo investigato avrebbe dimostrato di essere in grado di far evolvere le proprie dinamiche economiche, assumendo tutte le caratteristiche delle moderne organizzazioni criminali che operano nel Nord Italia, abbinando ai reati di tipo tradizionale, anche delitti di natura economico-finanziaria.
Gli associati avrebbero, infatti, promosso, costituito ed etero-diretto una pluralità di imprese “cartiere” e “filtro”, operanti nel settore del commercio di rottami che avrebbero emesso nei confronti di imprenditori compiacenti fatture per operazioni inesistenti per un imponibile complessivo di circa 12 milioni di euro, al fine di consentire loro, al netto della provvigione spettante all’associazione, di beneficiare dell’abbattimento del reddito nonché di riciclare il denaro frutto dei reati perpetrati.
IL SEQUESTRO
A carico dei soggetti indagati emessi anche provvedimenti di sequestro preventivo di oltre 1.800.000 euro, quale provento delle condotte penali e tributarie e riciclaggio. Nella stessa giornata di ieri sono state effettuate perquisizioni estese anche nelle province di Bergamo, Verona e Treviso, condotte con il supporto di moderni mezzi tecnici del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, del Servizio centrale Ico della Guardia di finanza e dell’Arma dei carabinieri nonché delle unità cinofile – per la ricerca di armi e droga – e “cash dog” – per la ricerca di contanti, in una cornice di sicurezza garantita anche dall’impiego di personale delle Uopi della Polizia di Stato e di militari specializzati Atpi della Finanza e dell’Aliquota di primo intervento dei carabinieri.
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