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La scomparsa di Antonino Strangio lascia dietro di sé tante domande. Tante le ipotesi possibili e due sole certezze. La prima, il ritrovamento lunedì scorso del fuoristrada del 42enne di San Luca completamente distrutto dalle fiamme con il forte dubbio che le ossa rinvenute nel veicolo carbonizzato siano umane e possano essere le sue. Infatti, se da una prima sommaria valutazione potevano apparire ossa non umane, dopo un’analisi congiunta del medico legale e di un veterinario quella sicurezza adesso sembra vacillare. Si attende, comunque, il parere dell’antropologo forense che sarà incaricato dalla procura di Locri, e le analisi del Dna, accertamenti i cui risultati sono attesi nei prossimi giorni.

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La seconda certezza è il dolore di una famiglia piombata nel limbo di coloro che hanno un familiare scomparso. Una famiglia in cui in questo momento non conta il passato, né il fatto che tra lori siano autori di fatti delittuosi per i quali hanno pagato il debito con la giustizia, ma una famiglia in cui oggi ci sono un padre e una madre in angoscia per le sorti di un figlio che potrebbero non rivedere più. E, seppur il 42enne ha un precedente penale non è mai stato coinvolto in reati di mafia. San Luca in questi giorni è un paese scosso, così come lo sarebbe stato qualsiasi paesello dove tutti si conoscono e dove, con un evento simile, non si riesce a dare una spiegazione e chiave di lettura logica e sensata. Tra i cittadini la paura di una nuova faida c’è (la famiglia del 42enne però non è mai stata coinvolta in faide), ma c’è anche l’idea di una consapevolezza diversa dove padri e madri vogliono, e devono, far crescere i loro figli senza la paura della morte sulle spalle.

I CRIMINOLOGI STUDIANO L’ACCADUTO

Mai a San Luca una persona era scomparsa e mai con modalità simili. Mai così cruenti e con questo punto interrogativo che pesa come un macigno di dove sia un papà di quattro bambini che lo attendono a casa. Cosa ha potuto vedere, cosa ha potuto sentire, cosa ha potuto fare per scomparire nel nulla in questo modo? Ha compiuto lui stesso un gesto estremo? Sono sue le ossa rinvenute sul suo fuoristrada? È vittima di terze persone? E, se è vittima di un omicidio la mano o le mani che lo hanno strappato alla vita sono sanluchesi o esterne al territorio di San Luca? Il mezzo del 42enne è stato, infatti, rinvenuto a chilometri dai confini del territorio comunale di San Luca ma in località “Bonamico”, zona solata e marina tra i comuni di Bovalino e Casignana. Le domande sono tante. E, nella Locride, a una manciata di chilometri da San Luca, c’è una famiglia che da 19 anni vive nel limbo degli scomparsi.

Quella di Renato Vettrice, all’epoca 40enne di Bovalino, scomparso nel nulla in un afoso giorno di metà estate. Era il 13 agosto 2005, dopo una veloce telefonata alla moglie, in dolce attesa del loro terzo figlio, per avvisarla che stava per rientrare a casa dal lavoro, di Renato si sono perse le tracce. È come volatilizzato. Della sua scomparsa rimangono solo delle gocce di sangue – le analisi del Ris in seguito accetteranno appartenere a lui-, che dal suo ufficio portano verso l’interno delle serre dove lavorava in un’azienda florovivaistica di Sant’Ilario dello Jonio. Per quella sparizione vennero indagate nel corso degli anni due persone, la cui posizione è stata archiviata dallo stesso magistrato. Le indagini, in quel caso, partirono però male e con molto ritardo. La scomparsa venne nei primi giorni valutata come un allontanamento volontario perché l’auto del 40enne venne ritrovata a pochi metri dalla stazione ferroviaria di Locri.

La prima ipotesi investigativa fu quindi l’allontanamento volontario di Vettrice con una donna o comunque per una donna. Ipotesi che venne scartata dopo le analisi del Ris ma a quel punto era troppo tardi per poter fare quegli accertamenti tecnici fondamentali: intercettazioni telefoniche, visione delle telecamere di video sorveglianza presenti nelle aree tra l’azienda e la stazione di Locri. Nel corso degli anni e solo con la forte battaglia dei familiari il fascicolo venne affidato alla Dda di Reggio Calabria perché poi considerato quello di un caso di lupara bianca e seppur, Renato Vettrice era una persona per bene, un padre e un marito amorevole, si ipotizzò che dietro la sua sparizione potessi esserci l’ombra oscura della criminalità organizzata.

Avrebbe visto o sentito qualcosa che non doveva, o avrebbe prestato un attenzione particolare a una donna. Ipotesi però che dopo 19 anni non hanno portato alla risoluzione del caso. Erano però tempi diversi, adesso nel caso della scomparsa di Antonino Strangio gli investigatori hanno iniziato il lavoro nell’immediatezza del ritrovamento della macchina, e soprattutto, i militari dei carabinieri che lavorano sul caso hanno capacità tecniche e una accurata conoscenza del territorio. La speranza dei sanluchesi resta che Strangio in un momento di sconforto abbia deciso di allontanarsi da solo, ipotesi che sembra remota essendo il 42enne un padre. Per iniziare a dare certezze al caso della sparizione dell’uomo di San Luca saranno fondamentali i risultati sulle analisi dei reperti biologici (ossa) rinvenuti nel fuoristrada di Strangio. Solo da quel momento i investigatori concentreranno tutta la loro attenzione su piste più sicure, al momento nel massimo riservo lavorano a 360 gradi.

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