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Il luogo dell’agguato a Stefano Cirillo

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Ancora un omicidio, ancora una faida; nel giorno del funerale di Stefano Cirillo, ucciso con un colpo alla testa a San Pietro di Caridà, l’appello della mamma


MONSORETO – «Fate qualcosa in nome di Dio» l’appello è di una donna minuta, vestita di nero, avanti negli anni, forse colpita anch’essa negli effetti dalla violenza e dalle pallottole. È il giorno del funerale del giovane Stefano Cirillo, ucciso con un colpo alla testa a Monsoreto, una frazione di San Pietro di Caridà.
Due parole dette mentre si allontana con una piccola busta della spesa in mano. Inutile rincorrerla per farci spiegare, non ci avrebbe detto nulla di più. Il messaggio è chiaro, come a dirci: scrivete, amplificate quello che sta succedendo qui tra queste case costruite a fatica e sacrifici da chi non c’è più e che emigrarono ovunque pur di mandare qualche soldo a casa. Fare qualcosa significa non lasciare da solo che vive qui. Fare qualcosa significa non solo solidarizzare a parole ma fare gesti concreti di opposizione alla logica della violenza e delle vendette. Chi ha vissuto e raccontato le faide sa che mai violenza è più ceca ed orribile di una faida per una comunità piccola o grande che sia.

UNA LUNGA SERIE DI MASSACRI, UN TERRITORIO IN GINOCCHIO

Un territorio: la Piana, che di faide ne ha viste tante con veri e propri massacri che non hanno guardato in faccia nessuno: donne uomini e bambini uccisi senza pietà. Centinaia di morti lasciati per strada o nella cruda terra delle campagne, perché per seminare morte ogni luogo può essere quello giusto e può arrivare quando meno te lo aspetti. Faide che nascono per scontri di interessi o persino per liti banali. Basta iniziare poi tutto viene da sé, quasi fosse naturale vendicarsi, uccidere come bestie, soffrire, piangere i morti e giurare vedette.
Quel grido disperato che arrivava da una donna anziana, con le rughe scavate in un viso di sacrifici e di chissà quanto lavoro è un richiamo agli uomini e alle donne della Piana e della Calabria tutta.

“FATE QUALCOSA IN NOME DI DIO”: L’APPELLO DELLA MAMMA DI CIRILLO DOPO L’OMICIDIO

Quell’invocazione. “fate qualcosa in nome di Dio” detta quasi in silenzio ad un forestiero significa anche l’ammissione anche da soli, gli abitanti di Monsoreto teatro dell’ultima faida come si sospetta, non ce la possono fare per tentare di bloccare la mattanza, che sicuramente continuerà, ancora e spegnerà altre vite.
Bloccare il suono delle armi, siano lupare, pistole o mitragliette come avvenuto per l’ultimo omicidio di Stefano Cirillo. Fare qualcosa oltre l’impegno di Carabinieri e magistrati, significa appellarsi alla società civile ai sindaci, ai sacerdoti, alle organizzazioni di categoria. Quella donna è come ci avesse detto “venite a Monsoreto e aiutateci a gridare basta alla violenza e ai morti”.
Ma chi prenderà l’iniziativa? Chi chiamerà a raccolta la gente della Piana a venire a Monsoreto per cercare di fare qualcosa? Chi? In altri tempi furono i vescovi (ricordo Mons. Benigno Papa a Laurena di Borrello quando venne uccisa la piccola Marcella Tassone) ad alzare le mani ed i pugni invocando la Pace. Chi prenderà l’iniziativa di chiamare a raccolta la gente per tentare di richiamare le coscienze di chi è pronto ancora ad uccidere? Chi meglio ancora, aiuterà le forze dell’ordine a squarciare le ombre dell’omertà che in casi come questi aleggiano su interi paesi e comunità.

Il coraggio di gridare “basta”

E chi cercherà di spezzare le catene della paura che avvolge gli uomini e le donne di questo paese fantasma? Chi si accorgerà che non è possibile nel 2024 assistere a guerre di famiglie che si combattono a suon di morti ammazzati? Chi può essere così autorevole da creare le condizioni di un impegno sul piano civile? Pronti a fare le marce, per carità giustissime, per la Palestina o per l’Ucraina dimenticandoci che esistono anche guerre più piccole quasi dimenticate che si combattono dalle nostre parti? Chi si assumerà il coraggio di venire a Monsoreto e di gridare “basta” ed invocare il giudizio eterno su chi si rende responsabile della morte violenta? Noi non possiamo fare altro che amplificare il grido disperato di quella donna minuta avanti con gli anni che ha chiesto aiuto per la sua gente.

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