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Omicidio a San Pietro di Caridà: ucciso con un colpo alla testa, l’ombra della faida dei boschi dietro la morte di Stefano Cirillo


SAN PIETRO DI CARIDÀ – Continua a scorrere il sangue al confine tra le province di Reggio Calabria e Vibo Valentia. Una zona che negli ultimi due anni è stata scenario di omicidi e un tentato omicidio. Forse riconducibili a una “faida dei boschi” che ha già mietuto tre vittime e un ferito.
L’ultimo delitto risale giovedì scorso, a Monsoreto di San Pietro di Caridà, dove intorno alle 20 un operaio di 21 anni, Stefano Cirillo, è stato ucciso con un colpo di pistola alla testa. Il giovane stava facendo ritorno a piedi a casa in contrada Corruttò quando il killer (o forse più di uno, per adesso resta un mistero), approfittando anche della poca illuminazione stradale, ha teso l’agguato mortale all’operaio.
Qualcuno, sentendo gli spari, ha subito allertato i carabinieri, intervenuti sul posto con alcune gazzelle della Compagnia di Gioia Tauro. Una volta arrivato sul luogo della segnalazione, i carabinieri hanno trovato il cadavere del giovane, già noto alle forze dell’ordine per oltraggio a pubblico ufficiale.
Sarebbero più di uno i colpi esplosi verso Cirillo. Ma soltanto l’autopsia effettuata nei prossimi giorni all’ospedale di Locri, dove si trova la salma, stabilirà se il 21enne è stato colpito anche in altre parti del corpo.

L’IPOTESI DELL’OMICIDIO DI SAN PIETRO DI CARIDA’ NEL QUADRO DELLA FAIDA DEI BOSCHI

Sulle indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Palmi e condotte dal Gruppo Carabinieri di Gioia Tauro e del Reparto operativo del Comando provinciale di Reggio Calabria, vige il massimo riserbo. Al momento però nessuna ipotesi è esclusa. Nemmeno quella che potrebbe vedere l’omicidio inserito nel quadro della faida in corso per il controllo del taglio dei boschi nell’ Alta Valle del Mesima. Faida di cui Cirillo potrebbe essere l’ultimo anello.
Gli investigatori hanno sentito parenti e amici del giovane. Ma sono tante le domande a cui si sta cercando di trovare una risposta: il killer era solo o ad ammazzare Cirillo sono stati più di uno? Con che mezzo sono arrivati nel luogo in cui è stato teso l’agguato? E soprattutto, perché a Cirillo è stata riservata quella che appare come una vera e propria esecuzione?
Da chiarire anche se il giovane avesse rapporti con qualcuna delle vittime della faida scatenatasi tra le province di Reggio e Vibo negli ultimi anni.

I DELITTI PRECEDENTI

L’8 aprile scorso era stato assassinato un operaio del settore del legno di 24 anni, Domenico Oppedisano. Ucciso a colpi di lupara in località Prateria mentre si stava recando al lavoro. Oppedisano, che si trovava da solo nella sua macchina, dopo essere stato raggiunto dai colpi ha perso il controllo dell’auto che si è quasi capovolta. Finendo così ai lati di una stradina interpoderale in terra battuta. Anche in questo caso non si sa se i sicari fossero uno o due.

Ne mese di settembre di due anni prima, nelle campagne di Dinami, a pochi chilometri da San Pietro di Caridà, a perdere la vita era stato Alessandro Morfei, di 30 anni. Ucciso a colpi di lupara mentre lavorava un terreno a bordo di un trattore.
Il 6 agosto scorso, invece, sempre a San Pietro di Caridà, un altro giovane del luogo, Pietro Morfei, di 20 anni, era stato ferito al collo da un colpo di fucile caricato a pallettoni mentre era in auto con la fidanzata. Un agguato in piena regola anche in questo caso, che ha visto Morfei avere salva la pelle solo per miracolo.
I Morfei furono colpiti da un fatto di sangue anche nel luglio del 1998, quando davanti a un bar di Dinami venne ucciso uno zio omonimo di Pietro e padre di Alessandro Morfei. Era ritenuto legato all’omonima famiglia di ’ndrangheta della zona.
Fatti che messi insieme disegnano uno scenario da vera e propria faida mafiosa ancora in atto. E sui cui i carabinieri stanno tentando di fare luce in mezzo a tante ombre.

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