Uno dei corpi recuperati dopo il naufragio al largo di Roccella Jonica
4 minuti per la lettura“Violenze inaudite sul veliero” semiaffondato: parlano i sopravvissuti al naufragio di Roccella; tra i racconti, anche l’omicidio di una 16enne
ROCCELLA JONICA – A quasi 90 giorni del tragico naufragio al largo delle coste calabresi emergono particolari agghiaccianti di ciò che avveniva sul veliero ormai semiaffondato in quelle ore concitate. Migranti sbattuti in acqua e annegati, insieme ai pochi che fino a quel momento erano riusciti a salvarsi aggrappandosi alle corde del natante. Fino all’arrivo dei soccorsi. Morti rimasti senza nome. Dispersi, molti, mai più recuperati e rimasti in mare in pasto ai pesci. Ma anche storie di morti ammazzati, come quella della ragazza 16enne, Ghater Maylan, che sarebbe stata soffocata in quei momenti tragici. Uccisa da un 37 iraniano, Haukar Ahmadi, arrestato per omicidio e che ora si trova rinchiuso nel carcere di Vibo Valentia.
Una storia brutale per come emerge dai racconti resi agli investigatori della Procura di Locri, titolare dell’inchiesta su quel naufragio del 16 giugno scorso. Un omicidio che sarebbe stato commesso in assenza di cause di giustificazione. E così, quella imbarcazione, denominata “Barracuda”, proprio come quei pesci che vivono nei mari tropicali, considerati gli animali più avidi e aggressivi che si conoscano, è diventata in poco tempo il luogo di una delle tragedie più grandi avvenute nel Mediterraneo.
A parlare dell’uccisione della figlia è innanzitutto sua madre. La barca a vela sulla quale viaggiavano, al terzo giorno di navigazione, dopo essere partita da un porto turco, era già in condizione di pericolo. La 16enne aveva ingerito acqua nei giorni precedenti, aveva nausea ed era priva di forze. Si trovava sul ponte del veliero. Haukar Ahmadi appariva molto arrabbiato e ad un tratto si appoggiava con le ginocchia sul petto della figlia, impedendole di respirare. Un migrante ha assistito alla scena. E’ riuscito a spingere in acqua l’uomo, ma lui è risalito, ma la giovane che aveva subito la violenza era già morta.
Il presunto omicida si avvicinava così alla madre, che era in compagnia del figlio più piccolo, dicendole di non denunciarlo, che le avrebbe dato dei soldi. E in più la minacciava dicendole che se avesse denunciato quanto accaduto, lui avrebbe denunciato lei come responsabile dell’omicidio della moglie e della figlia dell’uomo.
Un racconto che si fa più particolareggiato man mano che le indagini proseguono. Mentre l’uomo premeva con le ginocchia sul petto della ragazza di 16 anni, dalla bocca di quest’ultima fuoriusciva una schiuma bianca e gli occhi dalle orbite. Nessuno poteva intervenire, perché nessuno aveva le forze per farlo, ammettono i testimoni che hanno assistito alla tragica aggressione. Tutti erano completamente esausti e immobili. E tuti avevano paura. Haukar Ahmadi si spostava in continuazione da una parte all’altra dell’imbarcazione, passando sopra i corpi degli altri migranti ancora vivi.
Approfittando dello stato d’impotenza dei superstiti fino a quel momento, l’uomo si avvicinava e usava violenza su tutti. Sempre più violento man mano che passavano le ore. La madre pensava che l’uomo volesse violentare la 16enne e lo lasciava stare, sperando che poi si sarebbe calmato. Ha chiesto alla donna di abbassare il pantalone della figlia. Voleva vederla nuda. Sono ammissioni della madre, che a quel punto, ad ogni costo, sperava di salvare i due figli superstiti, dopo avere visto annegare il marito e l’altro figlio. Come racconta un altro testimone, Haukar Ahmadi si avvicinava verso la parte della barca dove erano le donne.
E ricorda un particolare che è relativo al tentativo di soffocamento di sua moglie, bloccato da questo stesso migrante. Che parla della cattiveria di Hakar dopo il naufragio, che pensava esclusivamente a salvare la propria vita, tanto da tentare di uccidere la propria moglie, morta poi per annegamento insieme alla figlia.
L’uomo, oggi indagato per omicidio, avrebbe tentato di soffocare anche Adis, la donna soccorsa nel naufragio e successivamente morta al porto di Roccella Jonica. Insomma, in quel contesto, ammettono i testimoni, sarebbe stato capace di uccidere chiunque.
Ma ancora più forti sono le parole del fratellino della 16enne ammazzata, che oltre a confermare l’inaudita violenza con tutti da parte del presunto omicida, l’uomo palpeggiava le donne a bordo e voleva cagionare anche la sua morte e quella della madre. Ora Haukar Ahmadi, dalla cella, nega tutto, ma non offre una ricostruzione alternativa plausibile o a evidenziare la sussistenza di cause di cause di giustificazione, così offrendo una ricostruzione totalmente incompatibile con quella più precisa ed esaustiva emergente dalle prove finora acquisite dalla Procura di Locri.
Dai racconti dei testimoni sembra chiara per gli investigatori la lucidità nell’indagato, il quale in una situazione drammatica di elevato pericolo per la vita di tutti i trasportati ha dato sfogo ai propri istinti violenti, palpeggiando, aggredendo e prendendo di mira le sole donne, più deboli, provocando il decesso di una minorenne e, da ultimo, precostituendosi una situazione favorevole per evitare di essere denunciato, minacciando e promettendo denaro.
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