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Ha ucciso una sedicenne a bordo del veliero coinvolto nel naufragio nella Locride: arrestato il presunto scafista


ROCCELLA JONICA – All’esito ancora per molti versi incerto della vicenda del naufragio del 17 giugno scorso, si aggiunge ora una notizia agghiacciante. Una ragazza di 16 anni, a bordo del veliero naufragato a 126 miglia dalle coste calabresi, sarebbe stata soffocata e uccisa da un presunto scafista, quando la barca era in avaria e prima della tragedia nella quale sono morte annegate più di 50 persone.

Nel corso delle delicate e complesse indagini, che peraltro sono ancora nel pieno, la Polizia di Stato ha eseguito un decreto di fermo emesso dalla Procura della Repubblica di Locri a carico di H.A., ventisettenne di origine irachena, uno dei migranti superstiti al naufragio avvenuto nel Mar Ionio, sbarcato al porto di Roccella Ionica il 17 giugno scorso.
Il giovane iracheno è gravemente indiziato del delitto di omicidio. L’arresto è il risultato delle attività di indagine condotte congiuntamente dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria e dal Commissariato di Siderno, con la collaborazione della Sezione Operativa Navale della Guardia di Finanza di Roccella Ionica.

Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Locri diretta da Giuseppe Casciaro, hanno consentito di ricostruire la dinamica di un fatto orribile, che si aggiunge alla sequela di eventi drammatici connessi al naufragio della barca a vela. Nei fatti, per come emerso dagli elementi acquisiti nel corso del procedimento attualmente nella fase delle indagini preliminari, il migrante arrestato avrebbe sfogato la sua violenza sulla sedicenne, figlia di un’altra superstite, fino a provocare la sua morte per soffocamento.

Il migrante, quasi certamente uno dei presunti scafisti, sarebbe salito sul corpo della ragazza e con le gambe avrebbe premuto con tutta la sua forza sul suo torace, soffocandola. Pare non ancora accertato se ci sia stato un tentativo di violenza sessuale da parte dell’iracheno.
Gli investigatori hanno ascoltato la madre della ragazza morta che avrebbe rivelato i particolari agghiaccianti del fatto, che è stato confermato anche da altri profughi superstiti, ancora ricoverati in diversi ospedali calabresi. Anche il ventisettenne iracheno, ritenuto responsabile dell’omicidio della ragazza di 16 anni, è uno dei superstiti del naufragio e si trovava ricoverato all’ospedale di Polistena.

Ora è detenuto nel carcere di Catanzaro, dove è rimasto anche dopo la convalida dell’arresto, disposta dal gip del Tribunale di Locri. Le forze di sicurezza curde (Asayish) hanno anche annunciato l’arresto in Iraq, martedì scorso, di altri quattro sospetti scafisti in relazione allo stesso naufragio mortale di migranti.

Nessuna novità, fino a ieri, è trapelata intorno ai due superstiti scappati nei giorni scorsi dall’ospedale di Locri, dov’erano ricoverati in osservazione. Si tratterebbe di altri due scafisti del veliero semiaffondato al largo delle coste calabresi, a est-sud-est di Roccella Jonica, che in tutto dovrebbero essere stati in quattro. Uno potrebbe anche essere tra le persone disperse.
A Roccella, intanto, continuano ad arrivare da tutta Europa parenti e amici dei profughi che avevano intrapreso il “viaggio della speranza” e che sono incappati nella tragedia nelle acque dello Jonio. Al porto delle Grazie, si sottopongono al prelievo volontario del Dna (necessario al riconoscimento dei cadaveri).

Un flusso continuo, che ha reso necessario, per ragioni di privacy e di tranquillità, il trasferimento dei parenti delle vittime presenti in città verso una struttura alberghiera alla periferia sud di Roccella Jonica. Tutto a carico della Diocesi di Locri-Gerace, guidata dal vescovo Francesco Oliva, dai costi di alloggio, di trasferimento e di vitto e per il rimpatrio delle salme.
Il rituale per l’identificazione segue sempre lo stesso copione triste: le foto mostrate agli agenti della polizia scientifica, l’attesa per il confronto con le immagini dei corpi recuperati dal mare e il prelievo del Dna per avere quelle certezze che il lungo tempo passato in acqua dai corpi potrebbe avere confuso.

C’è solo una richiesta, finora, relativa al rimpatrio di un corpo senza vita verso il Paese d’origine. Si tratta di un giovane afghano: la sua famiglia arrivata dalla Germania ne ha riconosciuto le spoglie e ha chiesto di poter riportare la salma a casa. In queste ore le operazioni di ricerca e recupero delle salme in mare da parte della Guardia costiera stanno proseguendo.
I numeri non sono variati rispetto a quelli comunicati dalla Prefettura di Reggio Calabria. Sono 11 i sopravvissuti e 36 in tutto i morti. All’appello ne mancherebbero ancora una ventina, ma le speranze di trovare i dispersi rimangono esigue.

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