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CATANZARO – Aveva anche rapporti con la ‘ndrangheta l’organizzazione dedita al traffico internazionale di stupefacenti smantellata dalla Dda di Roma con 28 misure cautelari e che sarebbe stata capeggiata da Marcello Colafigli, storico esponente della Banda della Magliana rimasto in regime di semilibertà nonostante sia stato sepolto da una zavorra di ergastoli.
I rapporti con le cosche – anche con quelle della camorra e della mafia foggiana, oltre che con cartelli albanesi – erano fondamentali per mettere a segno compravendite di grossi quantitativi di droga dalla Spagna e dalla Colombia. In un caso, il gruppo guidato da Colafigli, detto “Orso” per la forza bruta, avrebbe pianificato l’acquisto di 30 chili di cocaina destinati allo spaccio sulla piazza romana all’interno di un container diretto a Gioia Tauro o Napoli. «Abbiamo Gioia Tauro, abbiamo Valentia… da quale parte vogliamo… non stiamo ad aspettare», diceva l’albanese Erion Hiseni, tra gli indagati. In un’altra conversazione intercettata si parla di contatti con “quelli del porto”, con riferimento ad ambienti di camorra che controllerebbero i traffici a Napoli. Ma se l’affare andava in porto, è il caso di dire, con “i calabresi”, Colafigli diceva: «Sono più contento di voi». Un probabile riferimento all’affidabilità della ‘ndrangheta che da decenni ha rapporti privilegiati con i narcos sudamericani. Colafigli, in particolare, curava rapporti col canale della famiglia Molè di Gioia Tauro, tramite la quale sarebbero stato eventualmente importati i carichi di droga.
Monitorando le trattative, i carabinieri guidati dal pm antimafia Giovanni Musarò e Francesco Minisci, avrebbero appurato che il gruppo criminale aveva necessità di ottenere garanzie dai fornitori colombiani in modo che, dopo l’accredito bancario, sarebbe stata assicurata la spedizione degli stupefacenti. La garanzia consisteva nella presenza in loco di un colombiano legato ai narcotrafficanti. Dopo di che sarebbe partito un bonifico di 200mila euro. Ecco perché il colombiano Yeison è stato ospitato nell’appartamento del coindagato pugliese Savino Damato. Il colombiano ospitato da Damato fu controllato insieme al pregiudicato calabrese, originario di Careri, Francesco Cua, legato a famiglia di ‘ndrangheta operanti nella Locride: al controllo Colafigli riuscì a dileguarsi, rileva il gip Livio Sabatini che nell’ordinanza di custodia cautelare rileva, tra l’altro, l’attitudine del Bufalo della Banda della Magliana a «intrattenere in prima persona contatti diretti con associazioni criminali di diversa provenienza e figure delinquenziali non trascurabili per reperire sostanze stupefacenti in ingenti quantità». Così il 71enne della Banda della Magliana è tornato in carcere.
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