Il porto di Gioia Tauro
2 minuti per la letturaAvrebbero alterato i controlli per favorire la ‘ndrangheta, arrestati due funzionari dei Monopoli al Porto di Gioia Tauro
MILANO – Avrebbero alterato dei controlli per favorire la ‘ndrangheta nel traffico internazionale di droga. Con questa accusa sono stati arrestati due funzionari dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in servizio presso il porto di Gioia Tauro (Reggio Calabria).
I Finanzieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria – con il supporto operativo dello S.C.I.C.O. e con la collaborazione di EUROPOL e della D.C.S.A. – hanno dato esecuzione al provvedimento che dispone la custodia cautelare in carcere nei confronti dei due soggetti – Antonio Pititto, 60 anni, Mario Giuseppe Italo Solano, 51 anni – e gli arresti domiciliari nei confronti di una dipendente di una società di spedizioni di Gioia Tauro, Elisa Calfapietra, 36 anni. Devono rispondere di traffico internazionale di droga aggravato dalla finalità di agevolare la ‘ndrangheta, concussione e corruzione. In totale ci sono 7 indagati. Insieme a loro infatti, gli investigatori hanno iscritto nel registro degli indagati altre quattro persone, tra cui un terzo funzionario doganale, già arrestato nell’operazione “Tre croci” nel 2022
Le misure sono state disposte dal gip presso il Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della locale Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, guidata da Giovanni Bombardieri.
Tra gli indagati figura anche un terzo funzionario doganale, già tratto in arresto nel corso di una distinta e convergente operazione svolta, nel mese di ottobre 2022, dal medesimo Reparto. In particolare, secondo l’accusa i funzionari avrebbero fatto parte di un sodalizio criminale, ora disarticolato, costituito dal responsabile di una ditta di spedizioni, da portuali infedeli e dai referenti delle principali cosche di ‘ndrangheta operanti nell’area della “piana di Gioia Tauro”.
Nel dettaglio, i funzionari, in servizio in punti nevralgici del dispositivo di controllo, quali il controllo scanner e quello “visivo” mediante apertura dei container, avrebbero consentito l’uscita dal porto di ingentissimi quantitativi di cocaina mediante l’alterazione degli esiti delle ispezioni o l’omessa rilevazione di anomalie nei carichi controllati. Tra i documenti rinvenuti dai finanzieri figurano anche precise istruzioni, fornite dai funzionari doganali, su come i narcos sudamericani avrebbero dovuto collocare i panetti di cocaina all’interno dei carichi di copertura, al fine di ridurre sensibilmente la possibilità che questi venissero individuati nel corso degli ordinari controlli. Peraltro, laddove il carico fosse stato comunque scoperto, gli stessi doganieri avrebbero provveduto a fornire all’organizzazione i relativi verbali di sequestro al fine di giustificare la perdita del narcotico, evitando in tal modo il pagamento di quanto pattuito.
Inoltre, uno dei funzionari doganali si sarebbe preoccupato di avvertire i sodali in merito ad eventuali operazioni condotte dalle “Fiamme Gialle”, con l’intento di evitarne l’arresto. Le indagini, condotte anche con la collaborazione di personale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, hanno, inoltre, consentito di ricostruire il coinvolgimento del richiamato personale dell’ADM in 5 importazioni di stupefacente, realizzate tra giugno 2020 e ottobre 2022, per oltre 3 tonnellate di cocaina, delle quali 2,7 intercettate dai finanzieri e sottoposte a sequestro.
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