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REGGIO CALABRIA – Questa mattina, nella provincie di Reggio Calabria, Milano, Parma, Verona e Vicenza, i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria hanno dato esecuzione a un’ordinanza di applicazione di misura cautelare emessa dal gip di Reggio Calabria, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, diretta dal Procuratore della Repubblica Giovanni Bombardieri, nei confronti di 19 soggetti, con l’accusa di aver fatto parte di un’articolata organizzazione, capace di gestire un fiorente traffico di stupefacente che, acquistato in Sud America e transitato in Spagna, veniva poi rivenduto su tutto il territorio nazionale.

L’operazione, convenzionalmente denominata “Hermano” – “Fratello” in lingua spagnola, come gli arrestati erano soliti chiamarsi fra loro, giunge ad esito di una complessa attività d’indagine condotta dai militari della Compagnia di Taurianova – sotto il costante coordinamento della locale Procura della Repubblica.

Le investigazioni sono state avviate a seguito dell’arresto, nel dicembre 2017, di un soggetto originario di Polistena, per detenzione illecita di sostanze stupefacenti: durante un controllo di polizia, sono stati rinvenuti, occultati a bordo della sua autovettura 4 chili di infiorescenze di cannabis essiccate. Fondamentale si è rilevata, a partire da questo evento, la ricostruzione della filiera dello stupefacente e che ha permesso di ricostruire l’esistenza di una consorteria criminale ben organizzata, capace di gestire traffici illeciti di marijuana, hashish e cocaina.

Gli esiti emersi dalle indagini condotte, hanno permesso infine di raccogliere gravi indizi di reità nei confronti degli odierni indagati e, sulla base anche dell’ipotesi d’accusa accolta dal GIP, di ricostruirne il “modus operandi”: questi, grazie a fonti di approvvigionamento sul territorio nazionale e all’estero, provvedevano a importare in Italia ingenti partite di droga. Il narcotico veniva poi trasportato, anche a mezzo di veicoli con “scomparti segreti”, nelle principali città italiane, fra cui Milano e Roma, dove veniva poi suddiviso in dosi e smerciato.

Numerosi sono stati i recuperi di sostanza stupefacente avvenuti nel corso dell’attività, tra cui è annoverato il rinvenimento di una vasta piantagione di canapa indiana, in una impervia zona di montagna del comune di Oppido Mamertina.

Infine, in ordine all’aggravante della natura transnazionale del traffico di stupefacenti, secondo le accuse, gli arrestati avrebbero goduto di rapporti privilegiati con produttori peruviani di cocaina, grazie ai quali erano in grado di acquistare partite di droga a prezzi concorrenziali. Allo scopo di sviare i controlli delle Forze dell’Ordine o i controlli di sicurezza in aeroporto, lo stupefacente veniva poi trasportato in forma liquida, chimicamente intrisa nelle fibre di valigie o altri contenitori, come riscontrato in occasione di un rinvenimento eseguito a Biella, dove i carabinieri hanno sequestrato 250 grammi di cocaina trasportata in un trolley adottando questa modalità, unitamente a due bidoni con all’interno del solvente che, con ogni probabilità, sarebbe poi servito al processo inverso di estrazione della sostanza.

I NOMI DEGLI ARRESTATI E IL RAPPORTO CON I NARCOS PERUVIANI

I soggetti arrestati erano in contatto con narcos peruviani. Tra i destinatari del provvedimento di arresto emesso dal Gip Giovanna Sergi, c’è Carmelo Bonfiglio, di 42 anni, ritenuto uno dei promotori e organizzatori dell’associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga. Stando all’indagine Bonfiglio teneva i contatti con i fornitori spagnoli e albanesi. Ma soprattutto con i peruviani. Con questi ultimi produttori di cocaina, infatti, secondo la Dda, gli arrestati avrebbero goduto di rapporti privilegiati grazie ai quali erano in grado di acquistare partite di droga a prezzi concorrenziali: 32mila euro al chilo a fronte di un prezzo di mercato che va dai 35 ai 40mila euro.

Carcere anche per Rocco Camillò di 44 anni, Diego Giovinazzo (46 anni), Palmiro Cannatà (62 anni), Salvatore Sanò (60 anni), Damiano Veneziano (33 anni) e Antonio Pedullà (36 anni). Il gip ha disposto i domiciliari per Antonio De Luca di 71 anni, Antonio Ranieli (71 anni), Francesco Macrillò (64 anni), Francesco La Cognata (44 anni), Maurizio Scicchitani (55 anni), Antonio Zangari (53 anni), Gino Carlo Melziade (50 anni), il peruviano Oscar Bruno Bagigalupo Lobaton (47 anni), Donato Melziade (63 anni), Endri Dalipaj (33 anni), Gioacchino Marco Molè (30 anni) e Riccardo Ierace (34 anni).

Sono 56 gli indagati dell’inchiesta partita nel dicembre 2017 dopo un arresto per durante un controllo di polizia. All’epoca, infatti, all’interno di un auto, i carabinieri trovarono 3 chili e 400 grammi di infiorescenze di cannabis indica essiccata. Da quel sequestro, si è risaliti prima a Palmiro Cannatà e poi a Carmelo Bonfiglio riuscendo così a ricostruire la filiera della droga, ma anche a delineare la struttura della consorteria criminale capace di gestire i traffici di marijuana, hashish e cocaina. È emerso che gli arrestati riuscivano a importare in Italia ingenti partite di droga. I carichi venivano nascosti in “scomparti segreti” all’interno dei veicoli utilizzati per il trasporto nelle principali città italiane, tra cui Milano e Roma. Lì lo stupefacente veniva suddiviso in dosi e smerciato.

LA COCAINA LIQUIDA

Per sviare i controlli delle forze dell’ordine e quelli in aeroporto, la cocaina smerciata dal gruppo criminale veniva trasportato in forma liquida, chimicamente intrisa nelle fibre di valigie o addirittura saturandola nei libri per poi estrarla attraverso processi chimici di reazione molecolare che ne consentono il recupero. Un metodo emerso in fase di indagini quando a Biella i carabinieri sequestrarono 250 grammi di cocaina trasportata in un trolley insieme a due bidoni di solvente che, secondo gli investigatori, sarebbe servito al processo inverso di estrazione della sostanza.

I carabinieri, indagando, sono riusciti a scoprire che il coordinamento delle attività veniva gestito anche dall’interno del carcere di Ivrea. Per il gip Sergi, l’episodio è «degno di un best set cinematografico hollywoodiano». In sostanza, «una banda di detenuti, per la maggior parte sudamericani – è scritto nell’ordinanza – divulgava disposizioni all’esterno su dove, come e quando commercializzare cocaina, oppure ordinava dosi della medesima sostanza stupefacente da introdurre nel carcere e, per finire, dava indicazioni sul traffico della droga da e per l’Ecuador. Il tutto mediante l’uso illegale di un telefono cellulare munito di regolare sim card».

LE COSCHE CALABRESI

Alcuni indagati sono ritenuti affiliati alla ‘ndrangheta. Altri, invece, stando all’inchiesta, erano in contatto con personaggi legati alle cosche mafiose calabresi come i Papalia operanti a Milano o affiliati alle famiglie Molé di Gioia Tauro, Cacciola-Grasso di Rosarno, Ierace di Cinquefrondi, Manno-Maiolo di Caulonia e Facchineri di Cittanova. Tra gli indagati, infatti, c’è Luigi Facchineri per il quale il gip ha rigettato l’arresto.

Agli atti dell’indagine, coordinata dal procuratore Giovanni Bombardieri, c’è pure la famiglia De Stefano di Reggio Calabria. Secondo i pm, infatti, con un esponente rimasto ignoto del clan di Archi, Carmelo Bonfiglio avrebbe anticipato 25mila euro per l’acquisto in Spagna e il trasporto in Italia di un carico di marijuana.

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