Carabinieri del Ros
3 minuti per la letturaREGGIO CALABRIA – C’è uno stretto legame tra la Sardegna e la ‘ndrangheta calabrese per il traffico di cocaina. Ne sono certi i carabinieri del Ros che questa mattina con l’operazione Marghine hanno scritto il capitolo conclusivo di un’ampia indagine che ha smantellato un’organizzazione criminale che da anni gestiva il traffico di droga tra le due regioni.
In manette, su disposizione della Procura distrettuale antimafia e antiterrorismo di Cagliari, sono finiti i sardi Francesco Porcu, 64 anni di Borore, Silvano Murgia, di 77 di Uras, Costantino Dore, di 60, originario di Orgosolo ma domiciliato ad Arborea, e Salvatore Innocenti, di 34 di Fonni. Con loro i calabresi, tutti di San Luca, Antonio Strangio, di 63 anni, Giuseppe De Luca, di 64, già detenuto perché sorpreso con 5 chili di cocaina al porto di Olbia, e Sebastiano Ficara, di 36.
I sette sono accusati di associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga. Le indagini dei carabinieri del Ros sono partite nel 2017 e si sono concentrate dapprima sulla figura di Francesco Porcu, personaggio già noto alle forze dell’ordine, coinvolto nel sequestro dei due fratelli torinesi Giorgio e Marina Casana, avvenuto il 22 agosto del 1979 a Capo Pecora.
Un lavoro investigativo che ha consentito di scoprire i collegamenti di Pocru con personaggi legati alle ‘ndrine calabresi. Successivamente l’attenzione degli specialisti dell’Arma si è spostata su Silvano Murgia, sposato con la sorella di Antonio Strangio.
I carabinieri del Ros hanno ricostruito tra il 2019 e il 2020 numerosi viaggia tra Calabria e Sardegna durante i quali sono stati trasportati complessivamente una ventina di chili di cocaina. Il culmine dell’attività di indagine è arrivato a maggio del 2019 con l’arresto di De Luca, bloccato al porto di Olbia mentre trasportava 5 chili di stupefacente, e ad agosto del 2020 con il sequestro di 500mila euro a Salvatore Innocenti: il denaro sarebbe servito per pagare una delle partite di cocaina.
Secondo le indagini, la banda organizzava quasi mensilmente un carico di cocaina. Centrale operativa per lo smercio era l’ovile a Borore di Francesco Porcu, mentre gli incontri tra i sardi e i calabresi avvenivano a casa di Silvano Murgia a Uras.
I trasporti di denaro e cocaina venivano pianificati nel dettaglio e si utilizzavano due auto. In una, come successo a maggio del 2019, c’era Giuseppe De Luca con a bordo il figlio minorenne, che viaggiava con lui per non destare sospetti, nell’altra Antonio Strangio e Sebastiano Ficara.
Venivano scelti appositamente porti di partenza e arrivo diversi per evitare di cadere nella rete degli investigatori. La droga veniva smerciata sia nel Nuorese che nell’Oristanese, ma anche nella piazza Cagliaritana.
«I traffici di droga sono il business criminale fondamentale per comprendere il movimento delle organizzazioni in Italia e all’estero – ha detto il vicecomandante nazionale del Ros, colonnello Gianluca Valerio – la droga è diventata ormai un linguaggio su cui poggiano gli interessi delle organizzazioni criminali che crea sinergie, proprio come in questo caso. Una caratteristica della criminalità sarda è questa grande capacità modulare di offrire assetti per fare business e guadagni immediati, come il traffico di droga o gli assalti ai portavalori. La peculiarità di questi soggetti sardi è emersa chiaramente in queste indagini dove i collegamenti, favoriti anche da legami familiari, avevano creato queste sinergie».
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