Controlli polizia a Reggio Calabria
2 minuti per la letturaREGGIO CALABRIA – Beni per un valore complessivo di 13 milioni di euro sono stati sequestrati a Reggio Calabria e Villa San Giovanni dalla Divisione polizia anticrimine della Questura della città calabrese al termine di un’indagine di natura patrimoniale coordinata dalla locale DDA.
Il decreto di sequestro emesso dal Tribunale sezione misure di prevenzione riguarda 9 unità immobiliari, 4 appezzamenti di terreno, 2 veicoli, conti correnti e rapporti finanziari, nonché società riconducibili a L.V.R. e B.F., e trae origine dal procedimento nei cui contesto nell’ottobre 2017 è stata eseguita l’operazione “Metauros”, e da ulteriori sviluppi che hanno permesso al Tribunale di riconoscere la pericolosità sociale dei due proposti.
Dalle indagini era emerso l’interesse della ‘ndrangheta nel business del “ciclo dei rifiuti” svelando come la costruzione e la gestione dell’unico termovalorizzatore presente in Calabria, a Gioia Tauro, fosse sottoposto al continuo condizionamento delle organizzazioni criminali mafiose.
L.V.R., titolare di una società e di altra riconducibile al ciclo dei rifiuti, è stato arrestato con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e plurime condotte estorsive, ed attualmente è sottoposto al giudizio del Tribunale di Palmi.
Secondo il giudizio della Corte di Cassazione sarebbe «il collettore delle mazzette da destinare alle cosche ‘ndranghetiste egemoni sul territorio di Gioia Tauro e Siderno (rispettivamente Piromalli e Commisso) attraverso il meccanismo della sovrafatturazione delle prestazioni al fine di creare il “nero” per il versamento del pizzo da parte delle imprese, ottenendo in cambio il riconoscimento di una posizione di monopolio del comparto del trasporto dei rifiuti dagli stabilimenti industriali esistenti in Calabria».
B.F. è stato rinviato a giudizio per il delitto di concorso in estorsione ma poi assolto con formula «perché il fatto non sussiste», anche se il Gup ha considerato «acclarato e dimostrato» il suo inserimento nel meccanismo estorsivo ideato e gestito dal L.V. quanto meno fino all’anno 2012.
Le indagini patrimoniali hanno dimostrato che entrambi erano riusciti, con il profitto derivante dalla gestione delle attività illecite, ad accumulare ingenti risorse finanziarie, sproporzionate rispetto ai redditi dichiarati, che reinvestivano nell’acquisto di terreni, società e beni immobili, intestati ai propri familiari o terzi.
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