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L'operazione della guardia di finanza

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REGGIO CALABRIA – La droga, partendo dal Perù, transitava per la Spagna per poi giungere in l’Italia, dove era destinata alle cosche di ‘ndrangheta della Lombardia e della Calabria attraverso l’opera di alcuni emissari arrestati.

Al centro dell’imponente traffico di cocaina ci sarebbe stata la cosca Molluso, da anni collegata ai clan Barbaro Papalia e ritenuta particolarmente inserita nella criminalità organizzata della Lombardia.

Il traffico di droga è stato interrotto con l’esecuzione di quindici ordinanze di custodia cautelare di cui undici in carcere e quattro agli arresti domiciliari nell’area metropolitana di Milano, nelle province limitrofe di Pavia, Monza Brianza e a Roma.

L’operazione è stata condotta da circa ottanta finanzieri della Guardia di finanza di Pavia, con la collaborazione del Servizio centrale investigazione criminalità organizzata (Scico), su disposizione del Gip del Tribunale di Milano nei confronti degli appartenenti ad un’organizzazione criminale, con collegamenti a cosche della ‘ndrangheta, dedita all’importazione di cocaina dal Sudamerica.

È il bilancio conclusivo dell’operazione “Mixtus” che ha portato in carcere 6 peruviani e 5 italiani; per altri 4 componenti del gruppo criminale (2 peruviani e 2 italiani) sono stati disposti gli arresti domiciliari.

Al momento, cinque persone, tra quelli colpiti dall’ordinanza di custodia cautelare, avrebbero lasciato il territorio nazionale e sono ricercati.

L’operazione delle Fiamme Gialle, culmine di un’indagine durata circa due anni e coordinata dalla Procura della Repubblica di Milano, ha portato complessivamente al sequestro di oltre 50 chili di cocaina, grazie ad una azione investigativa anche attraverso la cooperazione internazionale con le unità antidroga del Perù.

«La droga – si legge nel comunicato della Guardia di Finanza di Pavia – era infatti destinata anche a soggetti del clan di ‘ndrangheta Molluso, particolarmente attivo nel settore dello spaccio di sostanze stupefacenti. Durante l’attività investigativa, i finanzieri pavesi, monitorando tutte le fasi di importazione del narcotico, anche col supporto dei Reparti del Corpo in particolare presso gli scali aeroportuali milanesi, ove sono avvenuti alcuni dei sequestri, sono riusciti a bloccare i carichi di “polvere bianca” destinati alle piazze italiane che, una volta venduta sulle varie piazze di spaccio avrebbe garantito alle cosche un profitto di circa 5 milioni di euro. Per sfuggire ai controlli doganali e alla particolare abilità a fiutare lo stupefacente dei cani antidroga della Guardia di Finanza, la cocaina è stata anche occultata attraverso dei procedimenti chimici nelle copertine di libri e riviste o intrisa nei rivestimenti delle valigie al seguito dei corrieri per poi essere chimicamente estratta e raffinata in laboratori clandestini».

Uno di questi laboratori, scoperto dai finanzieri nel luglio 2019 mentre erano in corso le operazioni di raffinazione della cocaina, si nascondeva all’interno di una anonima autofficina nell’hinterland milanese.

In occasione dell’intervento, le Fiamme Gialle avevano scoperto (e arrestato in flagranza di reato) un componente italiano dell’organizzazione che per spostarsi utilizzava l’ambulanza che guidava come volontario per conto di una onlus (estranea ai fatti).

Dalle indagini è anche emerso che alcuni degli arrestati avevano richiesto e percepito anche negli ultimi mesi il reddito di cittadinanza.

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