La questura di Reggio Calabria
4 minuti per la letturaREGGIO CALABRIA – Blitz contro il clan De Stefano a Reggio Calabria messo a segno dalle forze dell’ordine alle prime ore di questa mattina. Si tratta di una operazione della Polizia di Stato denominata “Nuovo corso” e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Reggio Calabria.
Nell’ambito dell’operazione è stata data esecuzione a 5 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse nei confronti di elementi di vertice, affiliati e soggetti ritenuti contigui alle potente cosca di ‘ndrangheta De Stefano operante nella città di Reggio Calabria. In carcere sono finiti Paolo Rosario De Stefano, Paolo Caponera, Andrea Giungo, Domenico Morabito e Domenico Musolino.
Secondo l’accusa le persone coinvolte nell’operazione sono state ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione e tentata estorsione in danno di affermati imprenditori, aggravate dal metodo e dall’agevolazione mafiosa.
Gli investigatori della Squadra Mobile, coadiuvati dagli equipaggi dell’Ufficio Volanti della Questura di Reggio Calabria, hanno eseguito anche perquisizioni domiciliari a carico degli indagati.
Le estorsioni, secondo le prime indiscrezioni, riguardano i lavori di rifacimento del Corso Garibaldi e Piazza Duomo. Le indagini svolte dalla Polizia di Stato – sotto le direttive dei magistrati della Dda di Reggio Calabria – documentano ulteriormente l’esistenza e l’operatività della cosca De Stefano nel capoluogo di provincia, soprattutto nel settore delle estorsioni in danno di imprenditori aggiudicatari di gare d’appalto per la realizzazione di opere pubbliche.
L’inchiesta ha portato alla luce gravi vicende estorsive ai danni di un noto imprenditore reggino e di un suo consociato in Ati di altra provincia calabrese, aggiudicatari degli appalti pubblici per il rifacimento del Corso Garibaldi e – il solo imprenditore locale – di Piazza Duomo di Reggio Calabria.
C’è anche il boss del quartiere Archi di Reggio Calabria Paolo Rosario De Stefano tra gli arrestati nell’ambito dell’inchiesta “Nuovo Corso”. Il figlio del defunto Giovanni De Stefano, infatti, è uno dei destinatari dell’ordinanza di custodia in carcere emessa dal gip Tommasina Cotroneo su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e dei sostituti della Dda reggina Stefano Musolino e Walter Ignazitto.
La squadra mobile di Reggio Calabria ha arrestato anche Andrea Giungo, Domenico Morabito, Paolo Caponera e Domenico Musolino. Stando all’inchiesta, tra il 2015 e il 2018, l’imprenditore reggino Francesco Siclari avrebbe pagato «a titolo di pizzo», e in più tranche, la somma di 80mila euro, corrispondente al 2% del valore dei lavori di ristrutturazione del centralissimo corso Garibaldi.
L’estorsione ha visto come vittima anche l’imprenditore di Cirò Marina Antonio Porta che, con Siclari, era componente dell’Ati che si era aggiudicata l’appalto. Siclari, inoltre, avrebbe subito una seconda estorsione per i lavori di riqualificazione di Piazza Duomo. Tutte e due le richieste di pizzo sarebbero state avanzate da Andrea Giungo che, assieme a Domenico Morabito, è accusato anche di associazione a delinquere di stampo mafioso.
Secondo i pm, infatti, sarebbe stato Andrea Giungo il soggetto del clan di Archi che ha accompagnato Siclari al cospetto del boss Paolo Rosario De Stefano. Gli indagati, in sostanza, rivendicavano quello che i pm descrivono come «il diritto di autorizzare l’esecuzione dei lavori edili nella zona controllata dal loro sodalizio mafioso». In caso di mancato accoglimento della richiesta estorsiva, inoltre, gli arrestati avrebbero prospettato «azioni ritorsive».
In sostanza, per i De Stefano, l’imprenditore aveva la «necessità di “protezione” anche in ragione dei danneggiamenti e dei furti perpetrati nei cantieri».
“Ti sei aggiudicato i lavori del Corso Garibaldi eventualmente vedi che noi se viene qualcuno a trovarti di altre famiglie eventualmente gli dici che hai parlato con noi”: stando alle dichiarazioni della vittima, sarebbe stata questa la frase che Andrea Giungo avrebbe detto a Siclari. Una richiesta di pizzo, inoltre, sarebbe stata avanzata addirittura all’interno della cattedrale: «Lo incrocio vicino al Duomo – racconta Siclari ai pm – e mi dice di entrare dentro la chiesa, la cattedrale. Con questo con sta motocicletta mi affiancano sulla via San Francesco Da Paola e mi dicono di fermarmi e mi fa segno che devo entrare dentro la cosa … entriamo dentro la cattedrale, ci sediamo in un banco, io terrorizzato perché ho … cominciavo a capire la pericolosità del soggetto».
Oltre alla collaborazione dell’imprenditore, l’impianto accusatorio poggia le sue basi sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Maurizio De Carlo. Nell’ordinanza il gip parla di «morsa asfissiante nella quale rimangono vittime gli operatori imprenditoriali del territorio governato da cosche di ndrangheta potenti, storiche e terribili come la cosca De Stefano».
Oltre agli arrestati, nell’inchiesta sono indagati anche Paolo Morabito e Vincenzino Zappia, ritenuto il braccio destro del boss Giuseppe De Stefano.
Giovanni Bombardieri nel corso della conferenza stampa per illustrare i dettagli dell’operazione “Nuovo Corso”: «A Reggio Calabria il pizzo lo pagano tutti, anche gli ‘ndranghetisti. Lo pagano meno o in modalità diverse ma lo pagano. È una regola di ‘ndrangheta che ha trovato conferma sempre nelle nostre indagini».
«Invito gli imprenditori – ha aggiunto Bombardieri – a ragionare su questo. Spesso non ci si rende conto che la propria soggezione alle cosche può diventare a lungo andare un meccanismo di inquinamento del mercato libero dell’economia. Noi invitiamo gli imprenditori a ribellarsi da questo pericolo, da quest’insidia. Sono benefici che trasformano la posizione dell’imprenditore: da vittima a partecipe, soggetto beneficiario di determinate condotte».
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