Il blitz per l'arresto ripreso dall'elicottero
1 minuto per la letturaROSARNO (REGGIO CALABRIA) – Il latitante Domenico Bellocco potrebbe essere stato aiutato da qualcuno. Dopo la sua cattura (LEGGI), avvenuta ieri pomeriggio in un casolare di Mongiana nel vibonese, infatti, il sostituto procuratore della Dda Francesco Ponzetta è già al lavoro per ricostruire la rete di fiancheggiatori che avrebbero consentito al boss di stare alla macchia per circa un anno e, allo stesso tempo, non allontanarsi dalla locale di ‘ndrangheta di Rosarno che lui stesso reggeva su incarico del patriarca della cosca Umberto Bellocco.
Il magistrato, coordinato dal procuratore Giovanni Bombardieri e dall’aggiunto Gaetano Paci, ha avviato alcuni accertamenti sul documento falso trovato addosso a Domenico Bellocco che nell’ambiente mafioso di fa chiamare “Mico u curtu” o “Mico di Mario”, dal nome di suo padre, ritenuto dagli inquirenti un altro esponente importante della cosca di Rosarno.
Accanto alla fotografia del latitante su quel documento, infatti, carabinieri e guardia di finanza sono convinti ci sia un nome che corrisponde a una persona realmente esistente.
Adesso c’è da capire se si tratta di un soggetto consapevole, o meno, che il boss si muoveva utilizzando la sua identità. Partendo anche da questo, oltre che riesaminando gli elementi di indagine raccolti dal Gico e dal Nucleo investigativo dell’Arma, i pm sperano di riuscire a identificare i soggetti che, l’anno scorso, hanno consentito al boss prima di sfuggire alla cattura nell’ambito dell’inchiesta “Magma” e poi di muoversi liberamente tra la Piana di Gioia Tauro e la provincia di Vibo Valentia.
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