Un particolare del corpo rinvenuto sulla spiaggia di San Ferdinando
3 minuti per la letturaSAN FERDINANDO (REGGIO CALABRIA) – Ciò che resta del cadavere rinvenuto sabato scorso nel mare davanti alla spiaggia di San Ferdinando (LEGGI) a due passi dal porto di Gioia Tauro è stato portato presso il Gom di Reggio Calabria per l’esame autoptico disposto dal Pm della Procura di Palmi Scarpino.
Un esame importante anche se difficile viste le condizioni del corpo quasi completamente scheletrito e in avanzata fase di decomposizione per tentare di capire almeno come è morto l’uomo e soprattutto quando. Le indagini svolte dalla Capitaneria di Porto di Gioia Tauro partono da questo atto per tentare di dare una identità alla persona deceduta. Poi eventualmente si procederà anche ad estrapolare il dna per una comparazione sempre finalizzata a verificare alcune ipotesi su alcuni dubbi emersi nelle ultime ore come quello che potrebbe trattarsi di ciò che resta di Francesco Vangeli il giovane scomparso per un presunto caso di lupara bianca nel Vibonese nell’ottobre del 2018.
«Quel corpo – aveva detto la madre Elsa Tavella – potrebbe essere di mio figlio. Io sono quasi convinta che sia il mio Francesco. Oggi sono venuti a trovarmi a casa i Carabinieri e mi hanno chiesto di che marca erano i boxer solitamente usati da mio figlio. Ebbene sono uguali a quelli rivenuti sul cadavere ritrovato a San Ferdinando, che aveva anche una maglietta bianca. E Francesco usava spesso una maglietta Armani di questo colore».
Per il medico legale che ha effettuato i primi rilievi sul cadavere, sembra alquanto improbabile, però, che quel corpo possa essere di Francesco Vangeli perché dopo quasi due anni, sia pur ipotizzando che possa essere stato per molto tempo in acqua, potesse avere ancora frammenti di carne. Il medico legale ha peraltro escluso la presenza di fori, su cranio e addome, riconducibili a colpi d’arma da fuoco. In ogni caso il tutto verrà verificato con l’esame del dna.
Un’altra ipotesi arriva da Terrasini in Sicilia dove non si esclude che quel corpo possa essere di Vito Lo Iacono, il 26enne comandante del peschereccio Nuova Iside, disperso dallo scorso 13 maggio. Terrasini da ore è in trepidazione e attende sviluppi. Il protocollo di recupero è stato attivato dalla Capitaneria che aveva ricevuto la segnalazione di un corpo galleggiante nello specchio di mare di San Ferdinando poi recuperato della squadra sommozzatori dei vigili del fuoco di Reggio Calabria ed i sommozzatori del Porto di Gioia Tauro. Sono stati proprio questi ultimi a rinvenire e portare a riva ciò che restava del corpo di un uomo che, da un primo esame, pare sia stato per diversi giorni in acqua.
Del cadavere, da quello che si è potuto vedere era rimasto solo un troncone. Fra le altre cose mancava un femore e entrambi i piedi. La corda legata alla vita del corpo si è scoperto è stata usata proprio dai sommozzatori per tirarlo fuori dall’acqua. Il ritrovamento potrebbe intrecciarsi con la vicenda del peschereccio affondato proprio intorno a 30 miglia dalla costa palermitana. I resti del peschereccio sono stati rinvenuti proprio l’altro ieri a 1.400 metri di profondità dalla Marina Militare. Quel che resta del corpo, ricomposto dai militari della Guardia Costiera adesso aspetta di avere un nome da piangere sia che sia quello di Francesco o di Vito. Ma non si escludono anche altre ipotesi come quella che potrebbe trattarsi di un componente di un equipaggio di una nave in transito nel Mediterraneo.
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