Una fase degli arresti nelle immagini della Polizia
5 minuti per la letturaREGGIO CALABRIA – La ripartizione del rione Modena di Reggio Calabria, al centro dell’operazione Cemetery boss (LEGGI) – tra le due cosche Rosmini e Zindato – era emersa anche da precedenti inchieste, come la “Wood”, “Testamento” e “Alta Tensione”. In particolare nell’ambito di quest’ultima operazione di polizia, eseguita il 29 ottobre 2010, erano stati tratti in arresto esponenti di vertice della cosca Rosmini, cioè Diego Rosmini (classe 1972), Natale Paolo Alampi (1974) e Osvaldo Massara (1965). Nel 2012 invece nell’operazione “Cartaruga” erano stati arrestati Francesco Rosmini (1964), Antonino Casili (1949) e Carmelo Mandalari (1985).
Grazie alle indagini eseguite sui fedelissimi di Francesco Giordano (storico esponente della cosca Rosmini), e cioè i fratelli Natale e Salvatore Claudio (detto Peppe) Crisalli, Massimo Costante e Giuseppe Angelone, nonché alle dichiarazioni rese principalmente dai collaboratori di giustizia Giuseppe Stefano Tito Liuzzo, Federico Greve ed Enrico De Rosa, è stato possibile individuare ulteriori associati che garantivano non solo una fattiva collaborazione ai componenti di vertice della cosca ma anche linfa vitale e concreto contributo alla vita e all’attività dell’associazione stessa, soprattutto sotto il profilo materiale.
Francesco Giordano avrebbe, all’interno della cosca, un ruolo apicale e ne sarebbe il referente imprenditoriale per tutti i lavori edili da realizzare in particolare per quelli da eseguire nel cimitero del rione Modena. Lo confermerebbero le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia: Giuseppe Angelone lo aveva presentato alla cosca ed era diventato uomo di fiducia di Diego Rosmini, il quale lo “battezzò” presso il proprio domicilio prima del 1991. Angelone, tra l’altro, collaborava con imprese edili di comodo e nella disponibilità dei Rosmini ed era punto di riferimento per l’esecuzione dei lavori al cimitero di Modena, dove la cosca era egemone grazie alla collaborazione del funzionario comunale Carmelo Manglaviti.
Nel corso dell’indagine è emerso anche che proprio a Giordano si sarebbero rivolti Filippo Chirico e il suo braccio destro Gaetano Tomaselli, della cosca Libri, per occupare un’immobile da consegnare alla compagna di Chirico. E in un’altra occasione, due emissari di Maurizio Cortese, storico affiliato alla cosca Serraino, quest’ultima federata ai Rosmini, avrebbero chiesto a Giordano di intervenire presso i componenti la comunità rom per ottenere la restituzione di un motorino rubato.
Salvatore Claudio Crisalli, detto Peppe, cognato di Francesco Giordano, era un fac totum della cosca. Sapeva interfacciarsi con gli esponenti della comunità rom per la restituzione delle autovetture rubate e veniva costantemente chiamato dal cognato per i lavori edili di ogni tipo o per incontrare i clienti presso il cimitero di Modena e si metteva a completa disposizione del capo società. Per il collaboratore di giustizia Liuzzo si tratta di uno storico appartenente alla cosca Rosmini, nella quale aveva fatto la gavetta criminale sin dai tempi in cui vi militava Diego Rosmini (classe 1959).
Sempre Liuzzo avrebbe spiegato agli inquirenti il ruolo di Massimo Costante, autista di Giordano, ed in grado di operare per conto della cosca in diversi settori: edilizio, commerciale, nel recupero di autovetture trafugate, eccetera.
Anche Natale Crisalli è un punto di riferimento della cosca Rosmini: è a lui, infatti, che si sarebbe rivolto un esponente della cosca Pesce di Rosarno per cercare un posto di lavoro per due ragazze; immediata la messa a disposizione di Crisalli che avrebbe mandato un’imbasciata e nel giro di pochissimo tempo combinato un appuntamento di lavoro, impegnandosi pure per garantire vitto ed alloggio, nel pieno rispetto delle logiche di ‘ndrangheta e nel buon nome della comune militanza nei circuiti unitari della criminalità organizzata. Nell’inchiesta c’è un’intercettazione nella quale vantava prestigio criminale in ragione della sua vicinanza a Giordano ed al fratello, vantando un credito nei confronti del genero del boss Giovanni Tegano, Edmondo Eddy Branca, e di non avere timore della pesante parentela.
Roberto Puleo, parente di Francesco Giordano, associato di lungo corso, disponibile a curare la latitanza di affiliati, provvedeva alle necessita economiche dei familiari di Natale Paolo Alampi, esponente di vertice della consorteria Rosmini e detenuto.
Nicola Alampi, fratello di Natale Paolo Alampi, svolgeva compiti organizzativi partecipando alle decisioni inerenti la vita dell’associazione ed impartendo le direttive agli associati.
Demetrio Missineo e Rocco Richichi erano invece a disposizione della cosca Zindato. Messineo si occupava dello spaccio di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, deteneva armi da sparo e provvedeva alla risoluzione in stile mafioso delle controversie che coinvolgevano i sodali ed i terzi. Richichi era deputato alla sola attività di spaccio, assieme a Missineo e a Fabio Franco Quirino, quest’ultimo ucciso il 3 marzo 2014 nel rione Modena. La loro capacità di agire anche con metodologia violenta è un dato che non proviene solo dalle dichiarazioni del collaboratore De Rosa ma anche dalle intercettazioni degli inquirenti, come quella in cui, ad esempio, Richichi diceva a Massimo Costante che avrebbe voluto bruciare il bar di Natale Crisalli.
Per quanto riguarda il dirigente responsabile del servizio cimiteriale del Comune di Reggio Calabria, Carmelo Manglaviti – pur senza essere affiliato – prestava un costante ed effettivo contributo al perseguimento degli scopi illeciti dell’associazione mafiosa, assurgendo ad uomo chiave nello scacchiere criminale dei Rosmini. Manglaviti vantava un rapporto particolareggiato, esclusivo e confidenziale con Francesco Giordano, Massimo Costante e Salvatore Claudio Crisalli. Il dirigente comunale, in più occasioni li avrebbe contattati telefonicamente pianificando gli incontri e acconsentiva che gli appartenenti alla cosca Rosmini, senza essere titolari di alcuna ditta, operassero indisturbati nella realizzazione di ogni lavoro edile all’interno del cimitero di Modena. Nei locali dell’ufficio comunale, all’interno del cimitero, era di fatto ubicata la sede amministrativa di Giordano e Crisalli dove, in diverse occasioni, i due ricevevano clienti, stipulavano accordi, formalizzavano vendite con i privati cittadini che richiedevano interventi edili all’intemo del cimitero. Il contributo che forniva Manglaviti alla cosca era indispensabile per imporre il monopolio dei lavori edili in favore di Giordano e dei suoi sodali, contribuendo alla conservazione ed al rafforzamento dell’associazione, consapevole che senza il suo apporto i Rosmini non avrebbero mai potuto lavorare all’interno del cimitero. Il funzionario comunale, cosi facendo, aveva consegnato agli uomini dei Rosmini l’intero plesso cimiteriale, mettendo a disposizione del sodalizio i suoi sottoposti e la sede degli uffici comunali.
L’inchiesta ha dimostrato inoltre come alcuni soggetti, in ragione della loro appartenenza alle cosche Rosmini e Zindato e della consapevolezza di potere essere destinatari di provvedimenti di custodia cautelare o di misure di prevenzione personale e patrimoniale, consapevolmente abbiano posto in essere un’accurata attività di fittizia attribuzione della titolarità di attività imprenditoriali al fine di eludere i controlli delle forze dell’ordine.
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