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Il luogo dell'omicidio

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REGGIO CALABRIA – Una vera e propria esecuzione di stampo ‘ndranghetista nel centro storico di Pesaro. E’ la pista privilegiata dagli investigatori per l’uccisione di Marcello Bruzzese, 51 anni, originario della Calabria, fratello di un collaboratore di giustizia. 

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Secondo quanto accertato successivamente, l’uomo non era a Pesaro per scelta ma perché sottoposto a uno speciale programma di protezione in quanto fratello del collaboratore di giustizia Biagio Girolamo Bruzzese. La famiglia di Marcello Bruzzese era a Pesaro sotto protezione dello Stato dal 2008. Una protezione che di fatto prevedeva un sostegno economico, ovvero casa e stipendio pagati dal ministero degli Interni a Marcello, ucciso ieri, e al fratello Girolamo Biagio Bruzzese, pentito di ‘ndrangheta che cercò di uccidere il boss Teodoro Crea. Marcello andò via per un pò da Pesaro per tornarci di recente ma senza una vera protezione: il suo cognome appare anche sulla buca delle lettere dello stabile in cui abitava.

Bruzzese era già scampato a un agguato nel 1995 a Rizziconi, in provincia di Reggio Calabria, in cui morirono il padre Domenico e un cognato, marito di una sorella, mentre lui rimase gravemente ferito.

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Verso le 18,30, due killer incappucciati hanno atteso che parcheggiasse l’auto in garage nella stretta via Bovio, dove abitava con la famiglia da tre anni, per scaricagli addosso una una trentina di colpi di arma automatica calibro nove, di cui almeno 15 andati a segno, quando ancora il 51enne era nell’abitacolo della vettura e si apprestava a scendere.

A terra sono stati recuperati oltre 20 bossoli. Il collegamento tra la parentela di Bruzzese con il pentito e l’omicidio non è ancora chiaro. Dopo un vertice nella notte, le indagini sono passate alla Direzione Distrettuale antimafia di Ancona che procede contro ignoti per omicidio volontario premeditato con l’aggravante mafiosa. La pista privilegiata degli inquirenti è che sia stato un agguato di ‘ndrangheta.

Nessuna traccia degli esecutori del delitto che hanno agito in maniera molto determinata e poi sono scappati a piedi tra le viuzze adiacenti nella zona a traffico limitato. Al momento dell’agguato la strada era deserta e i negozi chiusi. Anche il vicino ristorante aveva da poco chiuso dopo il pranzo di Natale.

Sconcerto e preoccupazione tra i residenti della zona. Sentendo la serie interminabile di esplosioni, qualcuno aveva pensato all’inizio a ragazzi che si divertivano con petardi in vista del Capodanno, per poi apprendere che si trattava invece di spari. La vittima, conosciuta di vista da alcuni residenti, viene descritta come una persona gentile e riservata.

Il passato dei Bruzzese

I Bruzzese, secondo quanto emerso dalle indagini svolte negli anni dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, erano storicamente alleati con la potente cosca dei Crea. Un’alleanza interrotta bruscamente nel 2003, quando, il 23 ottobre, Girolamo, all’epoca latitante, sparò tre colpi di pistola, uno dei quali lo raggiunse alla testa, contro il boss Teodoro Crea, anche lui latitante.

Credendolo morto Bruzzese si costituì ai carabinieri – dopo sette anni di latitanza per una condanna per omicidio – ed iniziò la sua collaborazione con la giustizia. Crea – attualmente detenuto in regime di 41 bis – invece sopravvisse. Nel periodo della comune latitanza, Bruzzese e Crea si erano incontrati spesso ma alla fine sarebbero sorti dei contrasti che portarono Girolamo a sparare contro l’altro.

L’anno successivo, nel febbraio del 2014, fu assassinato il suocero di Girolamo Bruzzese, Giuseppe Femia. Un delitto che gli investigatori collegarono con il tentato omicidio di Crea. In precedenza, nella notte tra il 17 ed il 18 luglio del 1995, in un agguato compiuto nelle campagne di Rizziconi, morì il padre di Girolamo Bruzzese, Domenico, assassinato insieme al genero Antonio Madafferi. Nell’occasione rimase ferito in maniera grave lo stesso Marcello Bruzzese.

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