Teresa Merante
4 minuti per la letturaCATANZARO – «Chissa è la polizia, sparati a tutta forza a sta brutta compagnia»; «non aviti paura, su quattru pezzenti, nui simu i latitanti»; «sbirro traditore»; «due giudici erano contro (a Totò Riina, ndr) e arrivò il loro giorno… li fece uccidere senza pietà (Falcone e Borsellino, ndr)». Sono solo alcune delle frasi contenute nei testi delle canoni di Teresa Merante, «cantante che predilige il genere folk etnico», come si definisce sul proprio profilo ufficiale.
Testi raccapriccianti, che inneggiano alla mafia, elogiano boss e latitanti, cantano la gloria di “omini d’atri tempi”, con quelle che vengono definite da lei stessa «belli paroli».
Intorno a Teresa Merante c’è un fenomeno tutt’altro che ristretto: poco meno di 90.000 seguaci su Facebook, oltre 51.000 su Instagram, con oltre cinque milioni di visualizzazioni per i suoi video su Youtube.
Negli ultimi giorni il suo nome, e soprattutto i suoi testi, hanno attirato critiche e contestazioni. Impossibile non rimanere allibiti davanti alle parole delle sue canzoni, alcune pubblicate già da un paio di anni. I titoli richiamano a storie e personaggi della malavita organizzata, inneggiando al potere mafioso e alla lotta contro la polizia.
Il testo di “U Latitanti” (da solo oltre 3,6 milioni di visualizzazioni) è un inno a chi si nasconde alla giustizia, ma anche un preoccupante appello a sparare contro le forze dell’ordine. La storia del latitante viene raccontata come quella di un idolo e all’arrivo della polizia le parole sono crude: «… non aviti paura, su quattru pezzenti, nui simu i latitanti…».
Stessa sorte per la canzone dedicata a Totò Riina, dal titolo scontato: “Il capo dei capi”. Riina viene descritto come «uomo di tanto rispetto e onore». Per lui «la galera era villeggiatura… il rispetto non gli mancava», eppure «tante persone lui ha ammazzato e dei pentiti non si è scordato». Parole di disprezzo, quindi, per Tommaso Buscetta: «…uomo d’onore lui non lo era», mentre alle forze dell’ordine vengono abbinati aggettivi come «traditore».
Nel testo anche il riferimento ai giudici Falcone e Borsellino: «Due giudici gli erano contro e arrivò il loro giorno… li fece uccidere senza pietà».
A scatenare l’attenzione nei confronti di Teresa Merante è stato l’ultimo brano, pubblicato ad inizio anno, dal titolo “Bonu Capudannu”. Un testo tutto rivolto ai detenuti e alle loro famiglie, con gli auguri diretti: «Buon capodanno ai carcerati, segregati in galera. Speriamo torniate in libertà, nelle vostre case gioia e serenità».
In pochi giorni la polemica si è ampliata. Sotto i video di Teresa Merante non mancano commenti di condivisione e plauso, ma tante sono anche le critiche e le perplessità di chi ha chiesto che i video possano essere oscurati considerati i testi delle canzoni.
A produrre la giovane cantante calabrese è la casa discografica “Elca Sound” di Reggio Calabria, che fa capo a Natale Centofanti, pronto a difendere la propria “artista”: «Teresa canta gli affetti e non c’è nelle sue canzoni nessun messaggio subliminale», si è affrettato a spiegare dopo le prime polemiche. Ma la sorpresa arriva anche dalla location che ha ospitato il videoclip di “Bon Capudannu”. Le immagini, infatti, sono state girate a Nicotera, comune sciolto tre volte per mafia, e tra i protagonisti del video c’è pure il sindaco Giuseppe Marasco, pronto a brindare con Teresa Merante mentre si fa riferimento agli auguri ai detenuti. Il sindaco, comunque, ha provato a defilarsi: «Ho preso subito le distanze dal quel video. Ho dato solo la disponibilità a girarlo, ho fatto il brindisi, ma erano solo immagini. Non pensavo che dopo avessero montato sopra la canzone che inneggiava ai carcerati».
Il risultato finale sono testi e immagini inquietanti, in cui prevalgono incitazioni alla malavita e ai suoi uomini, denigrando forze dell’ordine e magistratura, con il risultato di offrire un’immagine discutibile di questa terra, facendo gioire, invece, i tanti follower pronti a vedere Teresa Merante come la nuova artista da ascoltare per celebrare un mondo che non può e non deve avere questa ribalta.
Nella serata di domenica la replica di Teresa Merante alle critiche, attraverso un video pubblicato dalla casa discografica. Merante parla di un «grandissimo polverone mediatico». Rispetto al brano “U latitanti” afferma che «non è stato scritto da me, ma è già stato interpretato in passato da altri cantanti folk». Stessa ricostruzione anche per il brano sul Capodanno, «rivolto a tutti i calabresi che vivono fuori», mentre il testo della canzone su Totò Riina «è stato scritto da me – ha affermato – prendendo spunto dalla fiction Tv». Merante dice di non essere la cantante della malavita, sostenendo che «la mia famiglia nulla ha mai avuto a che fare con la criminalità organizzata».
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