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La festa in piazza a Riace per Mimmo Lucano

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RIACE (REGGIO CALABRIA) – Umori diversi ieri nel “villaggio globale” di Riace, rispetto alla manifestazione dell’ottobre di due anni fa, e le motivazioni sono ovvie: nel 2021 si protestava contro la condanna a 13 anni e 2 mesi inflitta a Domenico Lucano dal Tribunale di Locri, ieri, invece, la festa per la “quasi” assoluzione in appello, dello stesso imputato, condannato a un anno e sei mesi.

Ribaltati tutti i reati, resta in vita solo quello di abuso d’ufficio per avere emanato una determina in maniera illegittima. Ieri la piazzetta Donna Rosa si è riempita di persone, ritornate nel piccolo borgo di Riace per stringersi attorno a Lucano. Già dalla sera prima, i più attivi hanno preparato striscioni con scritte per preparare la scenografia del luogo. Striscioni, qualcuno con scritte a più lingue inneggianti alla pace, e qualche bandiera rossa e palestinese. Diverse centinaia di persone arrivate da fuori, anche da fuori regione.

Ma Riace è apparsa disinteressata. Ieri come circa due anni fa. Ed era soprattutto assente quella componente multietnica che costituiva un tempo il piccolo borgo della Locride, un tempo conosciuto come “modello di accoglienza”. Ieri a Riace sono tornati gli amici di Domenico Lucano, quelli rimasti, per esprimergli da vicino tutta la loro solidarietà. Poi, agli abbracci, ai sorrisi, alle pacche sulle spalle, è seguito il dibattito moderato dal giornalista Pietro Melia. Diverse le riflessioni seguite all’introduzione di Lucano, che ha riguardato la «lunga battaglia per la verità». Ha scandito i vari momenti della sua vicenda giudiziaria, a partire da quel 2 ottobre del 2018, quando scattò l’operazione Xenia, contro i metodi di gestione dei progetti di accoglienza, che spedì agli arresti domiciliari l’allora sindaco del paese dei Bronzi. «Sono felice che tanta gente mi abbia manifestato tanta solidarietà, non so come ringraziare tutti. Sono momenti indimenticabili per tutta la vita – ha dichiarato Domenico Lucano nel corso del suo intervento. -Ho avuto sempre la speranza che la sentenza di primo grado sarebbe stata ribaltata. Tre giorni prima della sentenza in appello avevo fatto sapere a tutti che avrei rifatto le stesse cose, non ho avuto incertezze e non potevo sapere che si sarebbe ribaltato tutto».

Poi ha fatto riferimento alla situazione che si sta vivendo in Medio Oriente: «Mi dispiace per quello che sta accadendo a Gaza e al popolo palestinese. Stanno subendo una ingiustizia. Un appello che faccio da Riace è che deve finire questo massacro di innocenti. Niente può giustificare la violenza. Vogliamo veicolare da Riace un messaggio di pace».

Ma al passaggio successivo si sono levate forti le contestazioni nella piazzetta dove era in corso la manifestazione. Da più angoli, gruppi di partecipanti hanno quasi impedito di parlare alla coordinatrice della segreteria nazionale del Pd, Marta Bonafoni, che è anche responsabile del Terzo settore e associazionismo del partito guidato da Elly Schlein. Bonafoni ha quasi recitato un mea culpa per il Pd che in passato non avrebbe fatto una politica pro migranti e che ora invece «la Schlein è in piazza accanto a Lucano». È a queste parole che alcuni dei presenti si sono messi a gridare: «Mai col Pd…siete arrivati tardi». C’è voluto l’intervento del giornalista moderatore a fermare le proteste e a consentire alla coordinatrice del Partito democratico di terminare il suo breve intervento, inviata appositamente a Riace da Elly Schlein: «Questa è una festa per Mimmo Lucano e nessuno si deve permettere di rovinarla».

Ieri a Riace sono tornati per stare vicini a Lucano nella sua festa, anche Mario Oliverio, già presidente della Regione Calabria, padre Alex Zanotelli, Luigi De Magistris e l’avvocato Andrea Daqua, uno dei difensori di Lucano, dalla prima ora. La festa poi è andata avanti con canzoni e poesie da parte di diversi artisti. A chiudere in maniera completa il secondo step giudiziario che ha quasi ribaltato del tutto le condanne del primo processo sarà il deposito delle motivazioni dalle quali si potrà capire la decisione della Corte d’appello di Reggio Calabria.

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