Il governatore Roberto Occhiuto a Platì per l’inaugurazione dell’hub vaccinale
4 minuti per la letturaPLATÌ – L’altra notte hanno incendiato il portone del municipio a Platì. Il movente non si riesce a ben individuare. Una bravata, la ’ndrangheta che non gradisce l’amministrazione di Rosario Sergi, un recente rimpasto di giunta, l’attivismo mediatico del presidente del consiglio comunale, il professore Paolo Ferrara ritenuto avulso dal paese. Ferrara è un laico repubblicano, in passato candidato sindaco anche a Reggio Calabria.
Appreso dell’attentato ha dichiarato: «Sono disposto a perdonare i colpevoli a patto che vengano scagionati gli innocenti, ovvero la stragrande maggioranza di questa meravigliosa comunità. Il coraggio non è di chi si nasconde nell’oscurità, ma di chi quotidianamente ci mette la faccia, alla luce del sole». Ferrara nel 2016, invece mobilitò il paese in piazza contro il sottosegretario Marco Minniti per aver dichiarato ai media europei dopo gli attentati islamici in Belgio: «il livello di radicamento del terrorismo jihadista a Molenbeeck è come quello della ’ndrangheta a Platì in Calabria». Il paragone fu giudicato politicamente scorretto ma non era campato in aria.
Che a Platì molti abbiano un brutto carattere lo dicono anche gli abitanti dei paesi vicini dell’Aspromonte e della Locride. Chi conosce la Storia rubrica la questione alle vicende unitarie. Era autunno inoltrato nel 1861, quando il maggiore Rossi al comando di bersaglieri, guardie civiche e nazionali occupò militarmente Platì per dare scacco finale ad un brigante del luogo che era stato sergente dell’esercito borbonico e che con il generale Borges aveva dato filo da torcere ai piemontesi. Si chiamava Mittiga quel brigante, e Totò Delfino e il brillante giovane avvocato Michele Papalia ne hanno ricostruito le vicende nei loro documentati libri. Una rappresaglia cruenta mise a ferro e fuoco il paese, a decine furono deportati nelle isole. Figli e nipoti giurarono odio ad uno Stato che non riconoscevano. Un secolo dopo i briganti erano diventati mafiosi.
Alcuni di loro sono emigrati a Buccinasco, alla periferia di Milano, offrendo ampia narrazione per la Platì del nord. Gli ultimi 13 arresti 4 giorni fa in Lombardia per spaccio di droga ed estorsione con metodo mafioso. Ordinaria amministrazione.
Gli epigoni del sabaudo maggiore Rossi molte volte hanno risalito la strada impervia sul versante orientale dell’Aspromonte solcato dai fiumi Acone, Bullarino e Careri che delimitano le case sparse su scoscesi 50 chilometri quadrati di un paese maledetto. Venne Ganzer e i Ros ad arrestare un centinaio di persone, una quindicina di donne e molti ragazzini finirono negli istituti di rieducazione. Platì, paese dai bunker sotterranei in cui nascondere i latitanti nei cuniculi, e che ora si vorrebbero trasformare in aree espositive artistiche per attirare turisti e rovesciare l’immagine stereotipata dello sventurato borgo che vide accusati i suoi amministratori per aver usato in una delibera il termine latino latistanti (distanza dai due lati).
Era stato il correttore automatico a trasformare la parola in “latitanti” per far pensare che l’amministrazione comunale volesse costruire una zona ad essi dedicati. Chissà se nel progetto delle catacombe della ‘ndrangheta destinate all’arte si rievocherà il bizzarro episodio.
Il 6 marzo del 1986 mille parà del battaglione Tuscania entrarono in tutte le case del paese. Finì in tragedia nella dimora di Girolama De Leo che dormiva con un nipote. Colpita d’infarto, morì all’ospedale di Locri, Girolama. Otto militari finirono incriminati per omicidio colposo, poi abbandonarono l’Arma.
Ora i militari dovrebbero salire a Platì con un’operazione di pace per vaccinare un paese in cui l’assenza di Stato ha fatto proliferare i no vax.
Il “Sole 24 ore” con una certa esagerazione ha scritto del paese meno vaccinato dello Stivale. La denuncia del governatore Occhiuto, che ha deciso la zona rossa ed è andato a Platì ad annunciare l’apertura di un centro vaccinale, è stata ingigantita su un problema reale.
Per stare ai fatti, Platì come San Luca, è un paese che ha molti emigrati, domiciliati fuori regione. Ma i vaccinati restano pochi. Una campagna di sensibilizzazione mirata è necessaria.
Occhiuto, ieri su Sky, ha parlato delle basse vaccinazioni a Platì, ma ha evitato riferimenti al portone incendiato. La vicenda comunque non è sfuggita al governatore che appreso dell’accaduto, con un tweet ha espresso solidarietà al sindaco e alla comunità per l’attentato.
Platì lontana da Catanzaro, lontana da Reggio cento chilometri che sembrano mille. Ma lontana da Bianco, da Locri, persino da San Luca. L’unica strada arriva da Bovalino e porta a Bagnara attraverso i dirupi di una montagna impenetrabile. L’alluvione del 1951 uccise 17 persone, ma anche i sogni di riscatto. Platì lontana dalla Calabria, figurarsi da Milano nonostante Buccinasco. Platì dal pane buono da valorizzare come quello di Matera, Platì dei premi letterari e delle associazioni culturali che non si arrendono riunendosi nella sala della parrocchia. Platì da vaccinare senza tracotanza ma con il dialogo.
A Platì bisogna formare bambini, ragazzi e giovani a cambiare il destino e l’immagine del paese. Dobbiamo volere bene a Platì. Se cambia Platì migliora e cambia la Calabria intera.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA