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Il porto di Gioia Tauro

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GIOIA TAURO – Nubi, ancora nubi sul porto di Gioia Tauro. Possibili tempeste che potrebbero portare ad un rischio di delocalizzazione delle attività di transhipment nei porti europei verso quelli africani, con possibili pesanti conseguenze sul mantenimento dei livelli occupazionali. Una situazione per nulla facile che dovrà essere gestita dalla politica italiana ed europea.

COSA POTREBBE ACCADERE E PERCHÉ

Le misure contenute nel pacchetto legislativo varato dalla Ue e denominato “Fit for 55” coinvolgono anche il settore marittimo, con particolare riferimento alla proposta relativa all’inclusione del trasporto marittimo nel sistema Ets e al relativo impatto sulle attività di transhipment in Italia e nel Mediterraneo rischiano di trasformarsi in una “tempesta perfetta” per la flotta dei traghetti italiani, adibita ai collegamenti di lungo raggio con le isole maggiori e di corto raggio con le isole minori, quindi a servizio della “continuità territoriale” degli italiani che vivono sulle isole, ma anche per la competitività dei porti italiani, dei terminalisti, di tutte le attività a monte e valle della catena logistica, e quindi del sistema paese.

COSA SONO IL PACCHETTO “FIT FOR 55” E IL SISTEMA ETS

Si tratta di misure volte a ridurre le emissioni di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli raggiunti nel 1990. Il pacchetto clima “Fit for 55 si presenta come un’ulteriore norma programmatica volta a supportare il processo di transizione ecologica contemplato nel Green Deal. Le proposte contenute nel pacchetto sono numerose ed investono diversi settori dall’economia ai trasporti, dalle energie rinnovabili all’efficientamento energetico. In particolare, il pacchetto “Fit for 55” oltre a revisionare alcuni testi normativi già esistenti propone l’inserimento di nuove iniziative in determinati settori quali clima, energia e combustibili, trasporti, edilizia, uso del suolo e silvicoltura.

Il sistema Ets dell’Unione europea, noto anche come sistema di scambio quote di emissione, nato nel 2005 tramite la Direttiva Eu Emission Trading System rientra tra gli strumenti più importanti varati dalla Commissione europea al fine di rispettare quanto stabilito nel Protocollo di Kyoto. La Direttiva Ets stabilisce che gli impianti europei con elevati volumi di emissioni, comprese quindi le navi a combustibile fossile possano operare soltanto previa autorizzazione da parte degli enti nazionali. In Italia l’organo competente per la corretta attuazione della Direttiva Ets è il Comitato Ets, istituito presso il Ministero della Transizione ecologica che dovrà decidere come relazionarsi con la direttiva Ue.

POTREBBE ESSERE STRAVOLTO IL TRASPORTO MARITTIMO

Ad oggi anche il trasporto marittimo è stato inserito nell’Eu-Ets, per lo meno nella forma in cui questo viene proposto. Il regime dei certificati mira ad una riduzione delle emissioni attraverso la leva economica, secondo il principio del chi più inquina più paga, combinata con una progressiva diminuzione delle quote disponibili, che in conseguenza saliranno di prezzo; tuttavia le imprese di navigazione, a causa di un quadro tecnologico ed infrastrutturale indipendente dalla loro volontà – la nave è solo l’utilizzatore di un carburante alternativo che prima di tutto deve esistere ed essere prodotto, quindi distribuito – non avranno la possibilità di modificare il proprio piano energetico e saranno soggette al mero pagamento dei certificati, con conseguente sensibile aumento dei costi del trasporto, senza un reale beneficio in termini di riduzione delle emissioni.

Ciò comporterà un inevitabile aumento dei costi interni allo spazio economico europeo ed una diminuzione della competitività degli operatori europei – compagnie di navigazione e terminal portuali – impegnati nella competizione internazionale, senza significativi vantaggi ambientali, almeno nel breve e nel medio periodo.

COSA RISCHIANO GLI SCALI DI TRANSHIPMENT COME GIOIA TAURO

Le pesanti implicazioni per il settore marittimo portuale connesse all’introduzione della nuova regolamentazione europea in tema di ambiente ed energia risultano particolarmente significative per i terminal di transhipment europei Gioia Tauro, ma anche gli scali del nord Europa, soprattutto in relazione al progressivo processo di delocalizzazione presso i porti del Nord Africa delle attività di trasbordo attualmente condotte all’interno dei porti di transhipment europei. Tanto per fare un esempio, le attività nello scalo di Algesiras in Spagna o a Gioia Tauro in Italia potrebbero essere colpiti dalla scelta degli armatori di delocalizzarsi nei porti africani, nei quali il sistema Ets non viene applicato, almeno per le grandi portacontainer se faranno transhipment a Tangeri, a Damietta, o a Port Said mentre verrebbero colpite le navi feeder quando entreranno nei mari europei. Secondo la logica di chi più inquina più paga, basta dire che una nave feeder potrebbe essere sanzionata con una multa di circa 200 mila euro.

Si pensi ad esempio alla flotta Msc che se applicata questa norma potrebbe avere ricadute economiche con multe che potrebbero arrivare tra i 150 ed i 200 milioni di euro all’anno. Ma anche le navi passeggeri che garantiscono i collegamenti con la Sardegna o nello Stretto di Messina, sarebbero colpite duramente.

QUALI I RISCHI

Da questo punto di vista, è possibile identificare due grandi categorie di rischio strategici, rischi connessi al sistema portuale nazionale e rischi socio – economici. La prima categoria include una serie di pesanti conseguenze a livello di politica economica e di strategia industriale nazionale, che deriverebbero dall’indebolimento del sistema infrastrutturale per la logistica e i trasporti: – implicazioni in termini di sicurezza nazionale e cybersecurity del sistema logistico complessivo; – implicazioni in termini di commercio internazionale; – implicazioni dal punto di vista del sistema di approvvigionamento industriale nazionale (sicurezza e qualità degli approvvigionamenti di materie, componenti e semilavorati per il processo produttivo; costi per la logistica).

La seconda categoria di rischi riguarda invece la perdita di flussi di traffico connessi ai servizi feeder da/per gli hub di transhipment. La terza categoria di rischi, infine, prende in considerazione una pluralità di ricadute economiche e sociali per le economie locali in cui i suddetti porti di transhipment sono inseriti, che derivano essenzialmente da: – chiusura e fallimento delle aziende terminalistiche operanti nei porti di transhipment (con consequenziale perdita di fatturato e valore aggiunto prodotti e distribuiti nel territorio); – imponente perdita di posti di lavoro, con riferimento al personale direttamente impiegato dalle imprese terminalistiche operanti nel settore del container; – aumento dei costi della logistica di ultimo miglio con riduzione della capacità di spesa ed effetti inflativi a danno della popolazione locale, con significativi rischi conseguenti di degrado e instabilità sociali.

In pratica Gioia Tauro perderebbe la sua leadership della movimentazione di container, la società Mct potrebbe chiudere ed i portuali ovviamente mandati a casa. Stessa cosa ad Algesiras e in altri scali europei.

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