X
<
>

Share
5 minuti per la lettura

Risale alla metà di giugno scorso il naufragio avvenuto al largo delle coste di Roccella Jonica; una vicenda seguita passo passo dal Quotidiano del Sud ma passata fin troppo in sordina che oggi torna alla luce nella trasmissione di Sigfrido Ranucci, Report, su Rai 3


ROCCELLA JONICA – Si torna a parlare del naufragio di Roccella Jonica, almeno così conosciuto, avvenuto nella notte tra il 16 e il 17 giugno scorso, a oltre 100 miglia dalle coste joniche della Calabria. Una storia tragica che il Quotidiano ha seguito punto punto, con tutte le difficoltà incontrate nel racimolare le notizie per dare la giusta informazione. A volte lo abbiamo fatto, sfondando anche il silenzio che attorno alla tragedia era calato. Stasera (27 ottobre 2024) torna Report su quel naufragio e su quello che ne è seguito.
E’ vero quanto scrive il giornalista Sigfrido Ranucci nel presentare l’inchiesta della sua trasmissione di questa sera su Rai 3, “che a Roccella si fatica ad avere informazioni”, riferendosi alle ore e giorni successivi al naufragio dello scorso mese di giugno. Una fatica che i giornalisti del Quotidiano hanno vissuto in prima persona, ha sopportato, ma sono andati oltre per la giusta informazione.

Il Quotidiano non ha lasciato nulla d’intentato. Hanno scritto tutto. Hanno seguito il caso dalle prime tragiche ore fino alla sepoltura dei corpi martoriati trovati dopo giorni e giorni in mare, dove erano annegati. Corpi senza nome che alla fine hanno trovato una degna sepoltura nel cimitero sopra Reggio Calabria. Il Quotidiano è andato anche oltre, seguendo la brutta storia della 16enne forse ammazzata e buttata in acqua. E quella del suo presunto carnefice, arrestato mentre era in osservazione nell’ospedale di Polistena, arrivato insieme agli altri undici superstiti di quel naufragio. E già allora, sempre il Quotidiano, ha cercato di sapere cosa era avvenuto in mare prima e nelle ore successive alla tragedia.
Una tragedia “anonima”, come tutte le altre che avvengono lontano dalle coste, nel mare aperto, dove spesso dopo l’allarme scatta subito il silenzio. Un silenzio che in parte ha “circondato” il naufragio del 17 giugno scorso, chiamato con il nome della cittadina jonica reggina, Roccella Jonica, da dove erano partiti i primi soccorsi della Guardia costiera, dove sono arrivati gli unici superstiti e i primi dispersi trovati senza vita.

Poi solo e tanti balletti di notizie. Notizie a volte svianti e non si sa ancora perché. E a distanza di una settimana, ancora ad interrogarsi su quanti migranti erano su quel veliero, com’era successo e quando il naufragio. Notizie e comunicati autorevoli nel giro di pochi minuti smentiti, rientri di salme effettuati quasi sempre nelle ore notturne. Notizie superficiali. Scarsa trasparenza. Atti incomprensibili che non possono essere motivati con l’esigenza del rispetto della privacy degli sfortunati profughi. Per sapere cosa era accaduto davvero intorno a quella barca a vela, e perché quel tentativo di volere nascondere il più possibile la storia della disgrazia, sono partite alcune interrogazioni parlamentari.

E’ stato scritto che solo dopo il mayday lanciato da una barca a vela francese da diporto sportivo sono partiti i soccorsi al natante dei migranti in pericolo. Un cargo portoghese, il Kate C, veniva dirottato sulla zona del naufragio dal Centro operativo nazionale della Guardia costiera. Tanti altri che navigavano nei pressi del naufragio avrebbero fatto finta di non vedere. E’ quello che hanno detto in seguito i superstiti. Nessun altro delle autorità competenti, in quella striscia di mare internazionale, avrebbe visto nulla, non si sarebbe accorto che quel veliero già aveva cominciato ad avere problemi subito dopo tre giorni dalla partenza dal solito porto turco imprecisato. Ma ormai solo 11 superstiti erano riusciti a sopravvivere. C’era anche un’altra donna, che è morta mentre trasportata al porto roccellese. Gli altri tutti dispersi, impossibile dire il numero preciso, finora mai stabilito.

C’è chi continua a dire che i migranti a bordo di quella maledetta barca a vela fossero 76, con molti bambini, 26 si dice, e molte famiglie, con qualche donna incinta. Ci sarebbe però il dispaccio di allerta Sar numero 967, trasmesso via ImmarSat, che altro non è che un gestore britannico di servizi per telecomunicazioni mobili satellitari, dall’Itmrcc, con il quale la Guardia costiera italiana informa tutte le navi in transito nell’area (e vengono perfettamente indicate le precise coordinate) che si «è alla ricerca di una barca a vela con 67 migranti». Il dispaccio prosegue con l’indicazione della posizione del veliero. La data del messaggio risale alle ore 10:00 del 13 giugno. Esso, però, è stato trasmesso solo a partire da giorno 16, l’ultimo il 18 giugno.
Dalle scarse testimonianze di qualche superstite si sa che il veliero ha cominciato ad avere difficoltà, dopo appena due giorni dalla partenza. La data di partenza è quella di giorno 11 giugno, anche se qualcuno ha parlato di avere iniziato il viaggio dal porto turco di Bodrun la sera di sabato 8 giugno. Ma la data del dispaccio del Centro operativo della Guardia costiera del 13 giugno coincide in pieno con le testimonianze di chi dice che il veliero era in avaria, alcuni giorni prima dell’accertamento effettivo del naufragio, nella notte tra il 16 e il 17 giugno. Precisamente quando è stato trasmesso lo stesso dispaccio.

I migranti si potevano salvare se la trasmissione del dispaccio fosse avvenuta regolarmente? Oggi è impossibile dare una risposta su come sono realmente andati i fatti. Una domanda che fino a questo momento rimane senza risposta. Così come sulle indagini. Bocche cucite da parte degli investigatori e inquirenti. Sono indagini difficili e complesse, hanno sempre fatto sapere. La Polizia di Stato di Siderno e la Procura di Locri lavorano senza sosta per cercare di determinare la dinamica del tragico naufragio, se ci sono state omissioni e ritardi da parte di qualcuno nei soccorsi, per cercare di individuare gli scafisti, se vivi o morti, di cercare di arrivare all’identificazione dei cadaveri. Attività che si rende particolarmente difficile in alcuni casi, perché si tratta di corpi mangiati dai pesci e resi irriconoscibili.
La Prefettura sta coordinando anche le procedure per il seppellimento dei morti e ha chiesto ai Comuni dell’area metropolitana di rendere disponibili loculi nei cimiteri comunali. Nessuna traccia dei due migranti ricoverati presso l’ospedale di Locri, che dopo qualche giorno si sono allontanati facendo perdere le loro tracce. C’è il sospetto che potrebbe trattarsi dei presunti scafisti del veliero del naufragio. E ancora, intorno a quel tragico naufragio, rimane il silenzio su molti punti.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE