il tribunale di Reggio Calabria
4 minuti per la letturaLAUREANA DI BORRELLO (REGGIO CALABRIA) – Un vero e proprio blitz è stato messo a segno a Laureana di Borrello da parte dei Carabinieri della Compagnia di Gioia Tauro, con la collaborazione dello Squadrone Eliportato Cacciatori Calabria di Vibo Valentia, che hanno dato esecuzione ad un’Ordinanza cautelare in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari di Reggio Calabria su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia Reggina diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri.
Il blitz è stato messo a segno nei confronti di Alberto Chindamo, di 30 anni, Giovanni Sibio, di 29 anni e Francesco Lamanna, di 32 anni, tutti ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione di tipo mafioso ed intestazione fittizia di beni, con l’aggravante di aver agito con la finalità di agevolare la ‘ndrangheta nella sua articolazione territoriale denominata Locale di Laureana di Borrello, formata dalle famiglie “Ferrentino-Chindamo” e “Lamari”, operante nel Comune di Laureana di Borrello e nei comuni limitrofi con ramificazioni in tutta la provincia reggina ed in altre province della Lombardia.
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Il provvedimento arriva al termine del giudizio dibattimentale celebratosi nell’ambito dell’operazione di “LEX” del 03 novembre 2016 (LEGGI LE NOTIZIE SULL’OPERAZIONE LEX), condotta dalla Compagnia Carabinieri di Gioia Tauro sotto il coordinamento del Proc. Agg. Calogero Gaetano Paci e del Sost. Proc. Giulia Pantano della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, «le cui indagini – si legge in una nota dei carabinieri – avevano consentito di raccogliere gravi indizi di colpevolezza a carico di 42 indagati in quanto ritenuti intranei, o comunque vicini, alle cosche di ‘ndrangheta attive nel territorio di Laureana di Borrello ed altre città italiane, ossia quelle dei “Lamari” e “Chindamo-Ferrentino”».
In particolare, sono stati svelati «episodi criminosi, registrati nei territori di Laureana di Borrello e zone limitrofe a partire da giugno del 2014, dai quali erano emersi chiari elementi indizianti circa l’operatività e l’efferatezza dell’azione criminale di un sodalizio attivo in quell’area ed in grado di esercitare un controllo di tipo mafioso sull’intera comunità».
I fermi, emessi per l’esistenza del concreto pericolo di fuga di alcuni indagati, avevano «consentito di assicurare, in poco tempo, alla giustizia soggetti ritenuti avere ruoli di vertice in seno alle cosche “Lamari” e “Chindamo-Ferrentino”, quali articolazioni autonome dell’associazione per delinquere di tipo ‘ndranghetistico nota come “Locale di Laureana di Borrello” del Mandamento Tirrenico, con ramificazioni in tutta la provincia ed in altre province del Nord Italia e segnatamente Milano, Varese, Pavia e Como. In quella circostanza, inoltre, era stata avvalorata dalla Procura Antimafia l’ipotesi per cui il Comune di Laureana di Borrello fosse stato, da anni, un ente per certi aspetti soggetto ai condizionamenti da parte cosche di ‘ndrangheta locali che, grazie alle compiacenze di alcuni politici, erano riuscite ad ottenere l’aggiudicazione di alcuni appalti comunali, facendo leva anche sui rapporti, stretti e continuativi, riscontrati tra gli affiliati alle cosche ed alcuni esponenti della politica locale di Laureana di Borrello».
A seguito delle indagini è giunta la pronuncia del Tribunale di Reggio Calabria che, il 16 ottobre, ha emesso una sentenza di condanna nei confronti degli imputati arrestati oggi.
LE CONDANNE
In particolare i tre arrestati sono stati condannati:
CHINDAMO Alberto, condannato a 13 anni e 4 mesi di reclusione, quale capo, promotore ed organizzatore dell’associazione, con compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle azioni delittuose da compiere e con compiti operativi nel settore delle armi e danneggiamenti, deputato a tenere i rapporti con le figure apicali delle altre articolazioni territoriali della ‘ndrangheta;
SIBIO Giovanni, condannato ad 10 anni e 8 mesi di reclusione, quale partecipe alla cosca Chindamo – Ferrentino, con compiti operativi nel settore delle armi, essendo l’armiere della cosca, e nel settore della coltivazione e vendita di sostanze stupefacenti, ed a completa disposizione degli interessi della cosca, cooperando con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso del gruppo;
LAMANNA Francesco, condannato ad 11 anni di reclusione, quale partecipe alla Cosca Lamari, dopo una precedente “vicinanza” all’altro gruppo criminale mafioso dei Chindamo – Ferrentino, nel cui interesse era stato anche intestatario di una ditta edile (Dima Costruzioni, con sede a Voghera (PV), con compiti operativi anche nel settore delle armi ed addetto al controllo del territorio in veste di “picciotto di giornata”, delegato a riferire al capo Lamari Enzo gli spostamenti sul territorio anche dei componenti della cosca contrapposta.
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