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Morto a Reggio Calabria l’ex magistrato Agostino Cordova alla guida delle procure di Palmi e Napoli e protagoniste di numerose inchieste


REGGIO CALABRIA – Fu tra i protagonisti di più di una stagione giudiziaria dalla lotta alla ‘ndrangheta, alla massoneria e ai legami con la criminalità organizzata passando per gli appalti pubblici, Agostino Cordova ha lasciato il segno in Calabria e non solo in Calabria avendo ricoperto nella parte finale della carriera il ruolo di procuratore Capo prima a Palmi e poi a Napoli. È morto ieri sera, 9 agosto 2024, a Reggio Calabria, all’età di 88 anni. Cordova, originario proprio di Reggio Calabria, viveva negli ultimi anni diviso tra la sua città natale e Napoli.

Entrato in magistratura nel 1963, è stato dapprima pretore a Reggio Calabria, prima nella sezione penale e poi nella sezione civile, fino al 1970. Da quel momento è passato al Tribunale, dove è stato componente del collegio giudicante per cinque anni. Passaggio di carriera dal giudicante all’inquirente nel 75 è rimasto all’Ufficio istruzione (ufficio esistente prima della riforma del 1989) fino al 1980. In quel periodo, ha istruito importanti processi contro le cosche della ‘ndrangheta tra cui quello contro il gruppo cosiddetto “dei 60” capeggiato da Paolo De Stefano, ucciso in un agguato a Reggio Calabria nell’ottobre del 1985. Il processo si concluse con la condanna di buona parte degli imputati.

Lasciato l’ufficio istruzione dal 1980 al 1987 Cordova ha presieduto la sezione penale del Tribunale di Reggio Calabria. Nel dicembre del 1987 ottiene la nomina a capo della Procura della Repubblica di Palmi. In quel periodo fece scalpore una sua inchiesta su presunti intrecci tra mafia, politica e massoneria. L’inchiesta portò al sequestro di tutti gli elenchi dei massoni del Goi (Grande Oriente d’Italia). Sempre nel suo periodo calabrese della sua attività fu protagonista di un’altra indagine su presunte irregolarità negli appalti per la realizzazione della centrale termoelettrica dell’Enel a Gioia Tauro. Inchiesta che portò, nel luglio del 1990, al sequestro del cantiere.

Alla scadenza del mandato a Palmi tentò la corsa per la Direzione nazionale antimafia ma senza successo e successivamente, a partire dal luglio del 1993, fu nominato procuratore capo a Napoli dove conclude la carriera.

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