Mimmo Luppino
3 minuti per la letturaSINOPOLI (REGGIO CALABRIA) – Se n’è andato da uomo libero, anche se di rinunce ne ha dovute fare tante a cominciare dal dover abbandonare i suoi giganteschi ulivi calabresi. È morto in Toscana Mimmo Luppino, testimone di giustizia e già sindaco di Sinopoli, cittadina aspromontana regno degli Alvaro, la potentissima famiglia di ‘ndrangheta che in quelle zone controlla anche il respiro di tutti.
Ma non riuscì a regolare il battito di quel giovane sindaco eletto nella tarda primavera del 2002, che non piegò la testa e divenne bersaglio di scorrerie di ogni genere. Non si omologò al pensiero dominate di quella realtà Mimmo, voce baritonale, figura possente e sguardo fiero.
No Mimmo non si piegò e reagì sempre, nonostante centinaia di attentati a base di tritolo, fiamme e lupare. Lo conobbi il giorno che ignoti per mandargli un messaggio forte misero in atto forse il più ignobile degli attentati: gli fecero saltare il loculo dove riposava suo padre nel cimitero di Sinopoli.
Andai per vedere quello scempio e poco dopo mi recai a casa sua. Lui non sapeva chi fossi e aspettai un po’ per potergli parlare. Poi uscì di casa frastornato e con grande dignità mi disse che nonostante tutto quello che avevano fatto lui non si sarebbe piegato.
Negli anni il rapporto fu solido e divenne ben presto uno dei pochi con il quale potevo parlare a viso aperto. Chi vive certe “solitudini” imposte da contesti omologati al pensiero mafioso che ti evitano, ti chiamano “infame”, sa che possono fidarsi l’uno dell’altro. E così facevamo noi, narrandoci un vissuto che solo chi vive certe restrizioni delle libertà personali può fare o riesce a fare.
Mimmo fu uno dei primi testimoni diretti di cosa è capace di fare la ‘ndrangheta in certe aree della Calabria e lo diceva con chiarezza, sempre, consapevole che molti nel suo paese lo consideravano in modo diverso perché aveva osato ribellarsi da imprenditore e da sindaco.
Lui che le minacce le aveva conosciute da figlio le sopportò anche da uomo adulto e furono centinaia, 300 fino a pochi mesi fa. Sapeva bene che l’organizzazione criminale s’insinua laddove trova terreno fertile e diventa perciò pericolosa.
Nel 2005 fu costretto a lasciare la guida del suo comune non per paura, ma per le dimissioni di massa “per motivi familiari” di tutti i consiglieri comunali, dopo avvertimenti e azioni intimidatorie.
Decise allora di non abbandonare la sfida e creò la Cooperativa “Giovani in Vita” che metteva insieme ragazzi difficili e professionisti locali con l’obiettivo di coltivare le terre incolte, o appezzamenti di terreno nei quali nessuno osava mettere piede perché su quelle terre vi era l’opa della ‘ndrangheta. Lo fece a Sinopoli, a Seminara, in vari posti della Piana e persino a Vibo Valentia inseguendo l’utopia della libertà e del lavoro. Ma di utopia si è trattato.
Ricordo quando mi descrisse il giorno che andò in Procura per denunciare i suoi estortori portandosi dietro una sorta di cartina per spiegare meglio le ramificazioni delle cosche. La scorta, gli appelli alla giustizia per i processi che tardavano a concludersi, l’attenzione dello Stato che si abbassava e gli attacchi che non finivano così come le attenzioni dei mafiosi nei suoi confronti.
Un po’ di tempo fa, aveva trasferito la sua famiglia in Toscana e lui faceva la spola con l’Aspromonte continuando ad occuparsi degli ulivi. Sapeva che chi lo aveva continuamente intimidito non si sarebbe fermato agli incendi nei suoi uliveti e temeva altro.
Nei mesi scorsi seppi che era stato operato e lo chiamai e nonostante sapesse che la situazione non fosse delle migliori mi disse «vedrai superò anche questa». Il male che lo aveva attaccato forse aveva approfittato di un fisico che si era indebolito dalle tante lotte e dalle tante solitudini ed ha vinto la sua battaglia.
Ciao Mimmo che la terra del tuo Aspromonte, dove gli ulivi sono secolari e contorcendosi si liberano verso il sole ti sia lieve. A noi che ti abbiamo conosciuto la speranza che il tuo impegno non resti vano e possa aiutare anche il tuo paese un giorno a vivere il grande valore della libertà omaggiando la tua memoria.
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