La cerimonia di apertura dell'anno giudiziario a Reggio Calabria
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Reggio Calabria, l’anno giudiziario si apre con la constatazione dello stato di emergenza: organici a brandelli e scopertura delle posizioni oltre il 50%, assicurati comunque standard di produttività elevati
REGGIO CALABRIA – Nel distretto di Reggio Calabria il nuovo anno giudiziario ha bussato tra vecchi ed eterni problemi (come le carenze di organico ormai superiori al 50%) e nuove problematiche come la protesta, comune a tutti i distretti italiani, contro la riforma Nordio, e che ha visto, in segno di protesta, uscire ben 30 magistrati dall’aula della Corte d’Assise d’Appello, dove era in corso la cerimonia, durante l’intervento del rappresentante del ministero della Giustizia, Massimiliano Micheletti.
ORGANICI a brandelli. La denuncia arriva direttamente dalla Presidente della Corte d’Appello, Caterina Chiaravalloti,che nella sua relazione introduttiva al bilancio sull’amministrazione della Giustizia, ha avvertito che «Nel distretto di Reggio Calabria, la scopertura di organico si attesta ad un indice superiore al 50%».
Un gap gravissimo che ha fatto ricorrere a misure alternative per poter esercitare la giustizia nei Tribunali (la cui richiesta si è fatta maggiore rispetto agli anni precedenti): «Si è dovuto fare ricorso – ha spiegato senza fronzoli Chiaravalloti – con applicazioni endodistrettuali per consentire il regolare espletamento dell’attività giurisdizionale».
ANNO GIUDIZIARIO A REGGIO CALABRIA: «ASSICURATO ELEVATO STANDARD DI PRODUTTIVITÀ»
«Abbiamo assicurato comunque – ha aggiunto – un elevato livello e standard di produttività con esigue risorse. Nonostante le sofferenze di organico può affermarsi senz’altro che vi è stato un grande sforzo e un grande impegno per raggiungere i risultati del PNRR».
A fronte di un organico risicato ai minimi termini enorme è però la mole, in particolare nel settore penale, dei maxi-procedimenti e dei giudizi abbreviati «con imputati sottoposti a misura cautelare che hanno visto e vedono impegnati tutti i magistrati della Sezione». Numeri altissimi anche per i provvedimenti resi in ordine ad intercettazioni, telefoniche relativi in particolare a procedimenti di criminalità organizzata.
Tra le cifre fornite spicca quello dei 9179 provvedimenti di convalida, proroga e autorizzazione di intercettazioni, aumentati rispetto all’anno precedente. Numeri cui si aggiungono anche quelli dei provvedimenti resi in ordine all’amministrazione delle aziende e dei beni sottoposti a sequestro o a confisca (867) che spettano al Gip emittente.
Numeri che preoccupano se dall’altra parte, “l’esercito” di chi se ne deve occupare appare, anno dopo anno e nonostante le promesse, sempre più ridotto.
APERTURA ANNO GIUDIZIARIO, LA PROTESTA A REGGIO CALABRIA
Nel corso dell’intervento del rappresentante del ministero della Giustizia, Massimiliano Micheletti, un gruppo di una trentina di magistrati si sono alzati e sono usciti fuori dal palazzo per dire no alla riforma della giustizia. Hanno protestato aderendo alla manifestazione indetta dall’Anm come in tutta Italia, con la Costituzione in mano e la toga indosso. «Assistiamo quotidianamente – ha detto la sostituta procuratrice Chiara Greco – a attacchi gratuiti e spregiudicati, fatti anche da importantissimi rappresentanti delle istituzioni, alla magistratura tutta e soprattutto alla figura del Pm che viene additato quasi come un nemico pubblico, un super poliziotto. E’ nostro dovere far sentire alla collettività la nostra contrarietà».
Alla protesta ha aderito anche l’ex presidente della Corte d’Appello Luciano Gerardis. Pur essendo in pensione, il magistrato era a fianco dei giovani colleghi.
L’ANALISI DI MARCO CERFEDA
Forte e chiara è giunta anche la protesta e l’analisi di Marco Cerfeda, giudice della sezione dibattimentale del Tribunale di Reggio Calabria: «La nostra voce e le nostre argomentazioni sono rimaste inascoltate a lungo tempo, per questo abbiamo deciso di dimostrare ancora una volta tutta la nostra contrarietà ad una riforma costituzionale che non solo non serve al Paese, ma è anche nociva per la giustizia. La riforma trasforma il Pm da organo di garanzia e imparzialità a organo di risultato. Il Pm è chiamato oggi a ragionare nella fase delle indagini preliminari alla stregua di un giudice, giacché le indagini devono essere svolte anche in favore dell’indagato: si tratta di un principio che ancor prima di essere cristallizzato nel codice di procedura penale costituisce la regola aurea scolpita in quella che denominiamo “cultura unica della giurisdizione”».
«Con la riforma – ha aggiunto – il Pm tenderà esclusivamente al risultato cui è preposto: il rinvio a giudizio o la condanna. Lo sdoppiamento dell’organo di autogoverno prepara il terreno alla collocazione del Pm nella sfera d’influenza dell’esecutivo, divenendo necessario orientare il risultato della sua azione».
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