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Omicidio Bruzzese a Pesaro

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La Corte d’Appello di Ancona ha confermato l’ergastolo per Francesco Candiloro e Michelangelo Tripodi, per l’omicidio di Marcello Bruzzese, ucciso a Pesaro.


RIZZICONI (REGGIO CALABRIA)- Ergastolo confermato per Francesco Candiloro e Michelangelo Tripodi, colpevoli, anche secondo la Corte d’Assise d’appello di Ancona, dell’omicidio di ‘ndrangheta di Marcello Bruzzese, ucciso sotto casa la sera di Natale di sei anni fa a Pesaro dove viveva con la famiglia. Marcello Bruzzese era il fratello del collaboratore di giustizia Girolamo Bruzzese, ex esponente della cosca Crea di Rizziconi.

L’uomo era nel mirino del clan Crea già dal 2003. Aveva ricordato nel processo di primo grado, a Pesaro, la sorella dell’uomo di 51 anni, Liliana Bruzzese. «Rocco Versace anch’egli imputato per concorso nel delitto del fratello del collaboratore di giustizia si presentò nel mio negozio per cercare mio fratello Marcello dopo aver saputo che Girolamo si era costituto alle forze dell’ordine per il tentato omicidio del boss Teodoro Crea, diventando subito dopo un collaboratore di giustizia» raccontò l’altra sorella, Caterina, durante l’udienza che ha cercato di far luce sulla figura di Rocco Versace, l’uomo accusato di aver preparato la strada ai killer che poi hanno ucciso nel garage di casa di via Bovio Marcello Bruzzese

«SAPEVAMO CHE DAVANO LA CACCIA A MIO FRATELLO MARCELLO»

«Sicuramente vi faranno del male»: sono queste le parole che – stando al racconto di Liliana Bruzzese – le ripetevano conoscenti e compaesani dopo che il fratello Girolamo, 21 anni fa, diventò un pentito. «I Crea andavano a dire in città che si sarebbero vendicati per le prossime sette generazioni – ha raccontato Liliana, in collegamento da un sito protetto –. Sapevamo che davano la caccia a mio fratello Marcello». Secondo il racconto di Liliana Bruzzese, Rocco Versace, accompagnato da Antonio Crea, si presentò nel suo negozio il giorno che Girolamo si costituì alle forze dell’ordine e iniziò a raccontare tutti i retroscena della famiglia ‘ndranghetista nell’ottobre del 2003. «Io ancora non sapevo nulla di mio fratello Girolamo ma la presenza di Versace e il suo tono minaccioso mi fecero preoccupare.

Venne in negozio – dice la donna davanti alla Corte d’Assise – e mi chiese insistentemente (per tre volte) dove fosse mio fratello Marcello, ma da me non ebbe mai risposta. Solo qualche ora dopo mi venne riferito ciò che aveva fatto mio fratello Girolamo, e allora raccontai tutto ai miei famigliari e alle forze dell’ordine». Liliana Bruzzese ha detto anche di un secondo incontro ravvicinato con Versace, qualche giorno dopo in una profumeria poco prima del trasferimento in zone protette. La donna, che era accompagnata dalla moglie di Girolamo e da alcuni carabinieri che le scortavano, si incrociò con Versace. «Mi minacciò – ha raccontato Liliana –, mi fece il gesto di morte, mi simulò un taglio alla gola e io gli risposi sputando per terra. Poi i carabinieri mi portarono via vedendomi in agitazione».

MARCELLO BRUZZESE, VENNE UCCISO A PESARO IL 25 DICEMBRE 2018, CONDANNATI ALL’ERGASTOLO CANDILORO E TRIPODI

Entrambe le sorelle, poi, hanno ripercorso la notte di Natale del 2018 in via Bovio. Sottolineando come quel giorno, per via dell’uccisione del fratello Marcello, la loro vita cambiò per sempre. Durante quella ci fu anche la testimonianza di Girolamo Bruzzese, che ha svelato di esser rimasto a Pesaro fino a maggio 2023 ribadendo alla Corte di aver saputo dal fratello Marcello, un mese prima della sua morte, di aver notato Versace a Pesaro. Tornando la processo di Appello dei due killer, per i giudici di secondo grado sono loro i sicari ripresi dalle telecamere di videosorveglianza del centro di Pesaro il 25 dicembre 2018, quando Bruzzese fu freddato sotto casa a colpi di pistola. A puntare sui due – e su Rocco Versace, il complice che avrebbe partecipato alla pianificazione del delitto, condannato in un processo separato – l’analisi di un’enorme mole di dati telefonici.

E in particolare degli spostamenti di alcune sim olandesi criptate, un modo di operare tipico degli esponenti di Cosa nostra. Elementi che, anche nelle repliche, le difese hanno cercato di mettere in dubbio. Per i legali di Tripodi, in particolare, l’uomo nella settimana di Natale 2018 si trovava in Calabria: lo proverebbe il traffico dati del suo cellulare, che però, per la Procura generale, era in mano ad altri. Anche secondo i giudici d’appello, l’omicidio di Bruzzese è stato una vendetta trasversale nei confronti del fratello Girolamo, collaboratore di giustizia. I sicari, in precedenza, avevano preso in considerazione altri parenti del pentito come possibili bersagli.

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