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Sentenza

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La Corte d’Appello ha assolto l’imprenditore di Taurianova Carmelo Sposato e restituito i suoi beni, riconoscendo l’infondatezza delle accuse iniziali della Dda dell’operazione “Terramara Closed”.


REGGIO CALABRIA- La Sezione Misure di Prevenzione della Corte di Appello di Reggio Calabria ha annullanto la sentenza di primo grado che aveva disposto la confisca dell’intero patrimonio immobiliare e mobiliare e l’applicazione della sorveglianza speciale all’imprenditore di Taurianova Carmelo Sposato. La corte d’appello ha accolto il ricorso presentato dagli avvocati Antonio Romeo e Guido Contestabile, difensori dell’imprenditore.

La decisione arriva a pochi mesi dalla piena assoluzione di Sposato dall’accusa di associazione mafiosa. Arrestato alla fine del 2017 nell’ambito dell’operazione “Terramara Closed”, un’inchiesta condotta dalla Procura Distrettuale di Reggio Calabria che vedeva Sposato e altre 48 persone. A vario titolo l’accusa era di appartenenza a una consorteria ‘ndranghetista, la cosca Sposato-Tallarida. Già nel primo passaggio giudiziario il Tribunale del Riesame aveva parzialmente annullato l’ordinanza di custodia cautelare. Decisione poi confermata dalla Suprema Corte di Cassazione, che riteneva insufficienti le prove a sostegno dell’accusa.

Il processo in primo grado, conclusosi con una condanna a quindici anni per Sposato. La sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria ha ribaltato completamente il verdetto, assolvendo Sposato “per insussistenza del fatto” il 14 febbraio 2024. La sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, infatti, in un procedimento parallelo al giudizio penale, aveva applicato a Sposato la misura della sorveglianza speciale per tre anni e disposto la confisca di tutti i beni a lui riconducibili, comprese le sue aziende.

Gli avvocati Romeo e Contestabile hanno impugnato la sentenza, contestandone l’infondatezza e la mancanza dei requisiti legali necessari per applicare tali misure. La difesa ha presentato una dettagliata ricostruzione fiscale, frutto di un’analisi che si è estesa su più di vent’anni, grazie anche al supporto dei consulenti tecnici Francesco Deraco e Rosamaria Femia, fino alla sentenza della Corte d’Appello che ha restituito i beni all’imprenditore e alla sua famiglia.

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