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REGGIO CALABRIA – «Speriamo compà ma io con sti maledetti tel sky non mi fido. Speriamo che non prendono i messaggi compà. Sennò apparte perdita pure galera. Speriamo bene compà …una botta non ci vuole in questo momento, cavolo». Due degli indagati di “Eureka”, l’operazione dei Carabinieri del Ros, coordinati dalla Dda di Reggio Calabria guidata da Giovanni Bombardieri, continuavano nei loro traffici illeciti ma erano preoccupati circa l’affidabilità dei criptofonini con i quali ormai mantenevano i rapporti con tutto il gruppo criminale.

I criptofonini venivano utilizzati da parte dei membri dell’intero network criminale poiché considerati unico mezzo di comunicazione “sicuro” per garantire la riservatezza delle loro comunicazioni illecite e dunque strumento per l’attività di narcotraffico.

Gli investigatori, in realtà, erano da tempo sulle loro tracce. Avevano capito che il modo di comunicare tra le organizzazioni criminali, a livello internazionale, era cambiato. L’Europa non è rimasta a guardare e si è dotata di un coordinamento tra polizie di Europol e quello tra magistrature di Eurojust. E in ogni polizia del vecchio continente si trovano ora esperti telematici all’altezza degli ingegneri al soldo dei clan.

Ma di preciso cosa sono i criptofonini e in cosa si differenziano dai normali smartphone commerciali che noi tutti usiamo? I livelli di cifratura offerti da questi particolari dispositivi sono sostanzialmente diversi da quelli degli smartphone che tutti noi abbiamo in tasca. E nella maggior parte dei casi questa maggiore “blindatura” è utilizzata per scopi illegali. I telefoni criptati sono nati molti anni fa. Un mercato di nicchia e spesso situato in un’area “grigia”, dove a fianco di prodotti venduti attraverso canali commerciali tradizionali (per esempio Amazon), si trovano altri produttori sospettati di vendere alla criminalità organizzata e accusati di cercare di fare profitti soprattutto con quella tipologia di clienti.

Per questo motivo il mercato dei criptofonini è molto mutevole, con aziende che nascono e spariscono velocemente, spesso colpite e smantellate da azioni di polizia. Nella grande maggioranza si tratta di hardware standard, in genere telefoni Android o anche Blackberry.

Le modifiche sono fatte quasi sempre solo a livello software con l’inserimento di un sistema operativo con particolari requisiti di sicurezza. Il sistema operativo installato disabilita la localizzazione Gps, i servizi Google, il Bluetooth, la fotocamera, la porta Usb (che rimane in funzione solo per la carica della batteria), oscura le notifiche push e blocca ogni altro servizio che possa generare un rischio di intercettazione o localizzazione. Anche l’uso di schede sd esterne viene interdetto. Rimangono attive le chiamate, ma solo in modalità VoIP, quindi senza l’uso della rete gsm e la messaggistica, ma con applicazioni proprietarie e crittografate.

«Si tratta – ha spiegato ultimamente il comandante del Ros dei Carabinieri, il generale Pasquale Angelosanto, durante  un’audizione in Commissione Difesa alla Camera – di telefoni dedicati, che consentono la comunicazione vocale e di messaggistica in forma cifrata, utilizzando piattaforme create ad hoc e server dislocati all’estero, gestiti da società private e, in alcuni casi, finanziate da gruppi criminali». Tra i gruppi criminali coinvolti nell’indagine Eureka il tipo di piattaforma più utilizzata è quella canadese “SkyEcc.” Tuttavia, come appreso dall’agente sotto copertura belga Jovan Jankov, risultavano in uso agli indagati ulteriori sistemi di cifratura, «al costo di circa 6.000 euro mensili».

Come rivelato dall’indagine Eureka, i criptofonini non erano gli «strumenti perfetti per organizzare il traffico internazionale di droga e discutere di come riciclare i soldi guadagnati». Dopo i pizzini, gli smartphone e i loro servizi di messaggistica istantanea, gli organi di polizia internazionali sono riusciti a “bucare” anche i criptofonini, che promettevano chat, telefonate ed email criptate, cioè comprensibili solo a emittente e destinatario, impossibili da intercettare.

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Stefano Mandarano

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