Una veduta di Scilla. Nel riquadro Giuseppe Fulco
3 minuti per la letturaSCILLA (RC) – «Gli elementi acquisiti debbono ritenersi financo sovrabbondanti, consentendo di ricostruire agevolmente il ruolo apicale, concretamente esercitato all’interno della cosca». È una valutazione netta, chiara, quella che il Gip reggino Sabato Abagnale fa soffermandosi sulla figura di Giuseppe Fulco.
Un esame perfettamente in linea con quello della Procura, che gli contesta di far parte della cosca “Nasone-Gaietti” con ruolo verticistico. In buona sostanza, secondo quanto emerso dall’inchiesta “Nuova Linea”, Fulco sarebbe ormai da qualche anno il nuovo reggente del sodalizio mafioso scillese, incarico di cui andrebbe fiero e che sembrerebbe non voler rinnegare, anzi. Fulco intendeva svolgere un ruolo di coordinamento di ogni iniziativa criminale nell’area scillese.
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Scrive ancora il Gip: «Sbandierava questo suo ruolo direttivo, a discapito anche di altri sodali appartenenti alla medesima cosca, anche in ragione delle sue “nobili” origini, in quanto nipote di Giuseppe Nasone, nonché in ragione della condotta onorevole da lui serbata in costanza di detenzione». Esemplificativa, in tal senso, una conversazione in cui «Cardillo Rocco sottolineava il lungo periodo di detenzione sofferto dal Fulco il quale, dal canto suo, non mancava di evidenziare – si legge nelle carte dell’inchiesta – di non aver mai ceduto alle richieste collaborazione con la giustizia, in ossequio alle ataviche regole di omertà su cui si regge la ‘ndrangheta, e scagliandosi contro coloro che avevano invece compiuto una scelta diversa».
Al suo interlocutore, Fulco rispondeva così: «Io so, quando venivano da me a dirmi, “Fulco non volete collaborare? “Ehy, infami di merda! (…) Arresta pure a mio fratello, arresta a chi vuoi tu, cornuto!». Messo nero su bianco pure il suo non farsi scrupoli nell’ostentare l’appartenenza alla ‘ndrangheta anche dinanzi a terzi estranei. Al riguardo, il Gip riprende una conversazione del 3 agosto 2021: «L’indagato aveva un diverbio con un soggetto, presentatogli da Marra Giuseppe, gestore del ristorante “Civico 5”, come marito di un giudice; in quell’occasione, il Fulco, nel minacciare tale soggetto, affermava di non avere la benché minima considerazione nei confronti di magistrati, avvocati e forze dell’ordine, essendo egli “dell’altro fato”, collocandosi, quindi, nella “fazione” contrapposta allo Stato».
Precisamente, Fulco si rivolgeva all’uomo con queste parole: «… inc… che vostra moglie è Giudice, la prossima volta, che voi vi comportate male (…) Io vi dico che a Scilla voi non venite più! Poi tu puoi essere giudice, avvocato o maresciallo. Io sono dell’altro fato! E tu qua non vieni più!». Del resto, il solo “Stato” che concepiva era quello in cui comandava lui. Giuseppe Fulco assumeva, infatti, costanti atteggiamenti sintomatici della volontà di sostituirsi allo Stato nella risoluzione delle controversie (c.d. autodichia) e nel mantenimento dell’ordine pubblico.
Questo il passaggio utilizzato dal Gip quale premessa al richiamo di un fatto avvenuto a Scilla centro, come da informativa dell’Arma: «Un giovane di Melia, a bordo di un motociclo, danneggiava un’autovettura in sosta lungo le vie di Scilla. Nella circostanza Giuseppe Fulco, spalleggiato da Giovanni De Lorenzo, dapprima richiamava minacciosamente lo scooterista (che replicava infastidito, ndc) e, successivamente, a seguito di un incontro riappacificatore organizzato dal carismatico Rocco “Mazzetta” Vizzari, manifestava le sue rimostranze – a nome di tutto il gruppo mafioso – anche al padre del ragazzo». La vicenda si concludeva bonariamente, ma non senza un avvertimento per gli scillesi della frazione di Melia: «Qua – così Fulco – ci vuole educazione, ci vuole rispetto! Noi non andiamo da nessuna parte, non tocchiamo a nessuno! Chi vuole, chi vuole venire qua deve essere educato, corretto e pulito!».
In un’altra conversazione agli atti dell’inchiesta, Fulco ribadiva la volontà di imporre ordine e di sanzionare condotte scorrette all’interno del “proprio” territorio: «Noi siamo nella nostra casa, non diamo disturbo a nessuno, non abbiamo dato disturbo a nessuno, dove siamo andati, ci siamo comportati, mi pare a me, un po’… Chi scende qua e non si comporta pulito…(…) Non c’è, non c’è niente per nessuno».
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