Una panoramica di Archi, quartiere di Reggio Calabria e, nel riquadro, Giorgio Benestare, detto “Franco”
2 minuti per la letturaREGGIO CALABRIA – La Procura di Reggio Calabria ha chiesto il rinvio a giudizio per Emilio Molinetti e Marco Geria, accusati del tentato omicidio del presunto boss Giorgio Benestare, detto Franco, ritenuto un esponente di spicco della cosca De Stefano-Tegano.
Il gup Giovanna Sergi ha fissato per il 20 giugno la prima udienza preliminare per i due trentaduenni che erano stati arrestati lo scorso luglio nell’ambito delle indagini coordinate dal procuratore Giovanni Bombardieri, dall’aggiunto Giuseppe Lombardo e dai sostituti della Dda Stefano Musolino e Walter Ignazitto.
Rispettivamente figlio e uomo di fiducia del boss Gino Molinetti, arrestato nell’operazione “Malefix”, Emilio Molinetti e Marco Geria sono accusati di tentato omicidio, ricettazione e danneggiamento a mezzo incendio. Tutti reati aggravati dall’agevolazione mafiosa.
Benestare è stato investito il 26 maggio 2021 nel quartiere Archi da un furgone Fiat Doblò bianco mentre percorreva a piedi via Croce Cimitero, riportando gravissime lesioni (LEGGI). «In particolare – è scritto nel capo di imputazione – l’autista dell’autoveicolo aumentava la velocità una volta individuato il pedone e lo colpiva indirizzando la traiettoria del mezzo contro la vittima designata».
Grazie alle immagini di impianti di videosorveglianza, gli investigatori hanno ricostruito la dinamica dell’attentato ai danni di Benestare che ha riportato diverse ferite a causa delle quali ha subito un intervento chirurgico ed è stato a lungo ricoverato in ospedale.
Secondo l’accusa, dopo aver saputo della presenza del boss che camminava nel quartiere di Archi, i due avrebbero recuperato il furgone che era stato rubato nei mesi scorsi ed avrebbero atteso il momento propizio per tentare di ucciderlo. Quello che in apparenza sembrava un incidente stradale, per la Dda, si è poi rivelato un tentato omicidio.
Secondo i pm, inoltre, gli imputati Molinetti e Geria non hanno agito da soli, ma in «concorso con ignoti mandanti». Dopo l’arresto, Marco Geria ha ammesso di essere stato a bordo del furgone che ha travolto il boss di Archi. Nel corso dell’interrogatorio, però, Geria non ha voluto dire con chi era e ha sostenuto che l’incidente «non è stato volontario». «È avvenuto perché non lo abbiamo visto – ha detto al pm – Non era nostra intenzione ucciderlo e nemmeno investirlo».
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