Giuseppe Falcomatà
2 minuti per la letturaREGGIO CALABRIA – «Dominus dell’intera vicenda ed ideatore del progetto di affidamento diretto del Miramare all’amico Zagarella, sia nella sua veste formale di sindaco, e dunque di soggetto che riveste la più alta carica all’interno della Giunta comunale, sia nella sua veste sostanziale, quale agente direttamente interessato all’approvazione della delibera “Miramare”, alla cui votazione ha partecipato non solo in violazione di legge, alla stregua degli altri imputati, ma anche in spregio all’obbligo di astensione su di lui gravante alla luce dei rapporti intrattenuti con Zagarella».
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Così i giudici del Tribunale di Reggio Calabria fanno riferimento al sindaco Giuseppe Falcomatà nelle motivazioni della sentenza con cui il primo cittadino, nello scorso mese di novembre, è stato condannato, per abuso d’ufficio, ad un anno e 4 mesi di reclusione, con pena sospesa, nel cosiddetto “processo Miramare”.
Falcomatà é stato assolto, invece, dall’accusa di falso. La condanna ha portato alla sua sospensione dalla carica di sindaco sulla base della legge Severino.
A conclusione del dibattimento, insieme a Falcomatà, sono stati condannati a un anno di reclusione ciascuno anche sette assessori comunali, che sono stati anche loro sospesi.
L’inchiesta che ha portato alle condanne ha riguardato i presunti illeciti che avrebbero caratterizzato le procedure di affidamento senza bando dell’immobile che un tempo ospitava il “Grand Hotel Miramare”, di proprietà del Comune, all’associazione “Il sottoscala”, riconducibile all’imprenditore Paolo Zagarella, legato a Falcomatà da rapporti di amicizia.
Zagarella, tra l’altro, nel corso della campagna elettorale per le comunali del 2014, aveva concesso locali di sua proprietà a Falcomatà, che li aveva utilizzati per la sua segreteria politica.
«È indiscutibile – si afferma ancora nelle motivazioni della sentenza del Tribunale, presieduto da Fabio Lauria – che il primo cittadino, oltre ad avere un rapporto di amicizia con Zagarella, avesse nei suoi confronti anche un debito di riconoscenza».
Nelle motivazioni i giudici fanno proprie le argomentazioni sostenute, nel corso del processo, dalla pubblica accusa, rappresentata dai sostituti procuratori Walter Ignazitto e Nicola De Caria, che avevano chiesto la condanna di Falcomatà ad un anno e 10 mesi e degli assessori ad un anno ed 8 mesi. Il Tribunale, tra l’altro, definisce l’affidamento dell’immobile comunale una vicenda «sciatta e superficiale di gestione della cosa pubblica».
Sindaco e assessori, infatti, secondo i giudici, «hanno scientemente violato, nell’esercizio delle loro funzioni, una pluralità di specifiche norme di legge che imponevano regole di condotta non discrezionali». I componenti della Giunta, inoltre, a detta dei giudici, «hanno arrecato, con l’approvazione della delibera comunale, un vantaggio patrimoniale ad un amico del sindaco, procurandogli intenzionalmente un’utilità suscettibile di valutazione economica, con correlativo danno ingiusto per i terzi potenzialmente interessati all’affidamento del Miramare».
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