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Il Tribunale di Palmi

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DIFFAMAZIONE ai danni dell’attivista Luciana Bova: membro della chiesa “pace” e dell’istituto per la famiglia “G. Perri”, patteggia.

A distanza di più di sei anni dai fatti è finalmente giunto alla sentenza, il processo, sorto a seguito della querela per diffamazione aggravata proposta dall’attivista Luciana Bova. Il fatto ha origine dalla opposizione della “Collettiva AutonoMIA Reggio Calabria” di cui la Bova era componente e fondatrice, all’approvazione di una mozione ritenuta confessionale e omofoba, denominata “Iniziative per la tutela della famiglia naturale” proposta dall’allora consigliere comunale Massimo Ripepi (pastore della suddetta congregazione e dell’istituto di cui il condannato era parte), e dal successivo incontro informativo avvenuto con il contributo delle docenti universitarie Graziella Priulla e Giovanna Vingelli, del presidente del Consiglio comunale reggino Demetrio Delfino e dello stesso Ripepi.

Il 25 aprile 2015, l’incontro si svolgeva in un clima poco pacifico e lontano dalle normali dialettiche tra posizioni distanti. Già in quella sede vi erano state, infatti, continue accuse e provocazioni rivolte alla signora Bova dovute anche alle posizioni assunte da lei e dalla Collettiva in favore della istituzione del registro delle unioni civili. Nelle ore e nei giorni seguenti, l’attivista era stata oggetto di numerosi post e commenti sul noto social network Facebook, ritenuti sin da subito gravemente diffamatori.

Ne è sorto, dunque, un processo celebratosi nei confronti di un unico imputato dinanzi al Tribunale di Reggio Calabria, sezione penale, che, a seguito della richiesta di patteggiamento, ha applicato allo stesso una pena di 2 mesi di reclusione e 200 euro di multa.

Luciana Bova, difesa dall’Avvocato Domenica Sprizzi del Foro di Palmi, preso atto della sentenza, si è riservata di agire per il risarcimento dei danni nascenti dal delitto.

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