La Corte di Cassazione
1 minuto per la letturaREGGIO CALABRIA – La Corte di Cassazione ha annullato, senza rinvio, la condanna per concorso esterno in associazione mafiosa inflitta dal Tribunale nel luglio 2016 a 15 anni e sei mesi di reclusione a carico dell’ingegnere Bruno De Caria, già direttore tecnico della società mista “Leonia” spa, che si occupava della raccolta dei rifiuti solidi urbani per conto del comune di Reggio Calabria.
La Suprema Corte ha, però, confermato l’accusa di peculato nei confronti del manager, rinviando ad altra sezione della Corte d’Appello di Reggio Calabria la rideterminazione della pena.
L’inchiesta “Leonia”, avviata nel 2012 dalla Dda, aveva inoltre coinvolto l’imprenditore Giovanni Fontana e i suoi figli Giandomenico, Francesco, Giuseppe Carmelo e Antonino, indicati come appartenenti alla ‘ndrangheta reggina che, secondo l’accusa originaria, erano riusciti ad infiltrare l’attività della “Leonia”, acquisendo la gestione del parco automezzi della società parapubblica.
La Cassazione, anche per Giovanni Fontana, ha annullato senza rinvio la sentenza d’Appello a 23 anni e 6 mesi di reclusione per associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni, anche ai suoi figli Antonino (16 anni e 6 mesi), Giuseppe e Francesco (12 anni e 6 mesi) e Giandomenico (11 anni e 6 mesi).
I Fontana erano titolari di un’azienda metalmeccanica, la Semac, a cui era stata affidata la manutenzione dei mezzi della Leonia. Gli imputati erano difesi dagli avvocati Natale Carbone, Francesco Calabrese e Fausto Poggio.
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