La scena del delitto Bruzzese a Pesaro
3 minuti per la letturaRIZZICONI (RC) – Le facce tirate e preoccupate del procuratore Bombardieri e del suo aggiunto Paci che alla Dda reggina segue le indagini sulla Piana e quindi sul mandamento tirrenico della provincia reggina della ‘ndrangheta, nella conferenza stampa di ieri mattina presso il Comando provinciale dei carabinieri erano emblematiche di come hanno vissuto, forse quasi in prima persona, le fasi delicate delle indagini prima e dei fermi di pg eseguiti ieri mattina.
Un’indagine che si è intrecciata con altri due luoghi simbolici della presenza della potente famiglia di ‘ndrangheta dei Crea di Rizziconi: Brescia e Pesaro. A Brescia vivevano alcuni uomini del clan che si occupavano di recuperare armi anche pesanti dai Balcani fra le quali bombe a mano e persino un bazooka che dovevano essere usate contro un obiettivo da colpire.
Armi capaci di perforare anche macchine blindate di testimoni di giustizia che con le loro denunce avevano portato a pene severissime nei confronti dei vertici dei Crea: il boss Teodoro, detto “u toro” o “u murcu” ed i figli Peppe e Domenico, entrambi ex latitanti. A Pesaro, invece, viveva in quella che doveva essere una località segreta, il fratello del collaboratore di giustizia Girolamo Biagio Bruzzese, l’uomo che con la sua scelta di fare il salto del fosso schierandosi con la giustizia dopo che aveva tentato di ammazzare il suo capo, Teodoro Crea, sparandogli un colpo di pistola nella nuca, senza riuscire però ad ammazzarlo, cominciò a creare crepe terribili nel casato di Rizziconi, fino ad allora quasi immune di condanne pesanti. Ed ha pagato caro quella scelta Bruzzese al quale, dopo la sua collaborazione, uccisero, prima il suocero Giuseppe Femia il 9 febbraio 2004 e successivamente il fratello Marcello che viveva proprio a Pesaro.
Lo uccisero la sera di Natale di tre anni fa dopo aver parcheggiato l’auto in garage. Le indagini della Procura di Ancona dicono che ad uccidere Marcello furono sicari dei Crea. Vendetta trasversale, quindi, un espediente che la cosca sanguinaria di Rizziconi ha sempre esercitato con spietatezza. C’erano forse i Crea, ha ammesso ieri mattina il Procuratore Aggiunto Paci, quando tentarono di uccidere per ben due volte Giovanni Romeo, un altro nemico dei Crea e forse c’erano anche i Crea dietro la morte assurda del 18 Francesco Inzitari, figlio di Pasquale Inzitari che entrò in contrasto proprio con i Crea. Con l’operazione di ieri gli inquirenti non solo hanno fatto luce sulla morte di Marcello Bruzzese che tanto eco ebbe nel nostro paese, ma forse sono arrivati prima che la macchina da guerra dei Crea mettesse in atto un altro omicidio eccellente.
Chi fosse finito nel loro mirino ieri mattina in conferenza stampa non è emerso con chiarezza, ma è stato chiarito che le manovre per mettere in atto un agguato anche facendo uso di armi pesanti, siano iniziate dopo che la Corte di Appello nel dicembre del 2020 riformulò le condanne del primo grado del processo “Deus” scaturito a seguito delle denunce dell’ex sindaco di Rizziconi Antonino Bartuccio, che portò ai primi giorni di giugno del 2014 a numerosi arresti tra i quali i vertici del casato. Era proprio Bartuccio l’obiettivo?
O era un altro testimone di giustizia come Nino De Masi che aveva denunciato di estorsione proprio i Crea provocandogli pesanti condanne. Di nomi di possibili obiettivi ieri mattina i magistrati della Dda reggina, non ne hanno fatto, anche se hanno ammesso come le attenzioni dei sicari dei Crea si fossero concentrate anche su un altro soggetto indicato dai magistrati come “quello della montagna” un soggetto, cioè, che vive in una zona collinare o montana della Piana. Certo è, che la prossima vittima doveva essere colpita in un’auto blindata e per questo si erano messi in moto per attrezzarsi anche di un bazooka e di bombe a mano.
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