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Il Tribunale di Reggio Calabria

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REGGIO CALABRIA – L’ex parlamentare del Psdi Paolo Romeo (LEGGI IL PROFILO QUI) é stato condannato a 25 anni di reclusione dal Tribunale di Reggio Calabria (presidente Silvia Capone) a conclusione del processo “Gotha”.

Tredici anni sono stati comminati all’ex sottosegretario regionale Alberto Sarra. Sono stati assolti, invece, l’ex senatore di Forza Italia Antonio Caridi e l’ex presidente della Provincia di Reggio Calabria Giuseppe Raffa.

Dopo oltre quattro anni di udienze si è concluso così il processo per gli imputati che hanno scelto il rito ordinario. Dei trenta imputati, 15 sono stati condannati e 15 assolti.

Per undici degli imputati giudicati non colpevoli l’assoluzione era stata chiesta anche dalla pubblica accusa. Gli imputati assolti, oltre a Caridi e Raffa, sono Giuseppe Iero, Vincenzo Amodeo, Domenico Aricò, Amedeo Canale, Demetrio Cara, Maria Angela Marra Cutrupi, Teresa Munari, Domenico Nucera, Domenico Pietropaolo, Giovanni Pontari, Andrea Scordo, Giovanni Carlo Remo e Rocco Zoccali.

Oltre a Romeo e Sarra, sono stati condannati il sacerdote di San Luca don Pino Strangio, cui sono stati comminati 9 anni e 4 mesi di reclusione, e l’avvocato Antonio Marra, ritenuto l’uomo di fiducia di Paolo Romeo (17 anni).

L’ex dirigente ai Lavori pubblici del Comune di Reggio Calabria, Marcello Cammera, è stato condannato a 2 anni di reclusione. Tre anni e 6 mesi di carcere sono stati comminati al commercialista Giovanni Zumbo, già condannato nel processo «Piccolo Carro» per essere stato la talpa dei boss Giovanni Ficara e Giuseppe Pelle.

Il processo «Gotha» è nato dalla riunione di alcune inchieste della Dda, guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri, che nel 2016 hanno svelato l’esistenza della componente riservata della ‘ndrangheta.

L’inchiesta che portato al processo é stata coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo e dai sostituti Stefano Musolino, Walter Ignazitto, Sara Amerio, Roberto Di Palma e Giulia Pantano.

Dal processo è emerso un «sistema di potere ambiguo» che, stando ai collaboratori di giustizia sentiti in aula, è stato caratterizzato da «promiscuità tra ‘ndrangheta e ambienti istituzionali».

Nelle settimane scorse, nella loro requisitoria, i pubblici ministeri avevano ricostruito i fatti del processo, parlando di “una lunga stagione di sistematica penetrazione nel tessuto politico-amministrativo locale, regionale, nazionale e sovrannazionale».

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