L'Asp di Reggio Calabria
4 minuti per la letturaREGGIO CALABRIA – Dalle prime ore di oggi il Ros, col supporto in fase esecutiva dei comandi provinciali carabinieri di Reggio Calabria, Catanzaro e Bologna, sta eseguendo un’ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dal Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della locale Procura della Repubblica – Direzione distrettuale antimafia, diretta dal Giovanni Bombardieri.
I provvedimenti dell’operazione “Chirone” hanno raggiunto 14 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, corruzione, trasferimento fraudolento di valori, traffico di influenze illecite in concorso, tutti aggravati dal metodo mafioso.
Le indagini, concluse nel 2018, in epoca antecedente alla pandemia, si sono concentrate sull’Asp di Reggio Calabria la cui competenza si estende sull’intera provincia amministrativa suddivisa nei distretti sanitari di Reggio Calabria, Tirrenico e Ionico ed il cui funzionamento è stato alterato dai condizionamenti mafiosi.
Le indagini hanno consentito di documentare gli assetti organizzativi della cosca “Piromalli” (ramo facente capo a Giuseppe Piromalli) nell’ambito della quale hanno assunto posizione di particolare rilievo i medici Giuseppantonio e Francesco Michele Tripodi, fratelli recentemente deceduti (nel 2018) e il figlio di quest’ultimo, Fabiano, anche lui medico. I primi due, nel tempo, hanno ricoperto vari incarichi nelle Aziende Sanitarie di Reggio Calabria, Gioia Tauro, Palmi e Tropea, mentre uno dei medici è risultato figura di riferimento di vari assetti societari operanti nel settore sanitario.
Gli interessati, forti delle posizioni ricoperte nel tempo nel comparto sanitario regionale e avvalendosi della capacità intimidatoria derivante dall’appartenenza alla cosca “Piromalli”, hanno compromesso il sistema gestionale dei Distretti sanitari dell’Asp di Reggio Calabria, acquisendo in tale ambito una posizione dominante. Al riguardo, è emerso come, tra le altre, siano state alterate le procedure di nomina del Direttore del Distretto Tirrenico dell’Asp di Reggio Calabria e come, per mezzo di alcune società, sia stata monopolizzata la filiera economica della distribuzione dei prodotti medicali a strutture pubbliche ospedaliere dell’Asp di Reggio Calabria.
In alcuni casi, al fine di agevolare le società riferibili ai “Piromalli”, è stato riscontrato il ricorso a procedure di affidamento diretto delle commesse – in particolare per i presidi ospedalieri di Locri, Gioia Tauro, Polistena e Melito Porto Salvo – favorito dalla mediazione di personale medico ricompensato con utilità varie e indebite provvigioni (variabili tra il 2,5 e il 5 % del valore nominale delle commesse).
Sotto il profilo associativo sono emerse sinergie criminali e imprenditoriali nel settore sanitario con la cosca “Molè” i cui esponenti figuravano, unitamente a quelli dei “Piromalli”, nei medesimi assetti societari. Nella contestualità dell’operazione è stato eseguito un decreto di sequestro preventivo di beni mobili, immobili e rapporti bancari, emesso dal Tribunale di Reggio Calabria, nei confronti di alcune società per un ammontare complessivo del sequestro pari a circa 8 milioni di euro.
I TRIPODI CENTRALI NELLA COSCA PIROMALLI
La figura di questi medici era già emersa in altre indagini sulla cosca Piromalli. Nell’informativa dell’inchiesta “Provvidenza”, redatta dal Ros nell’ottobre 2016, infatti, i carabinieri allora avevano sottolineato il «ruolo assolutamente significativo, in seno alla cosca Piromalli, rivestito dalla famiglia Tripodi, con particolare riferimento a Giuseppantonio Tripodi, inteso “Antonio”, Francesco Michele Tripodi, inteso “Franco” (all’epoca entrambi in vita, ndr), ed il figlio Girolamo Giuseppe Fabiano».
Della famiglia Tripodi avevano parlato diversi collaboratori di giustizia. Già nel 2013, il pentito Antonio Russo aveva detto ai pm che «Antonio Tripodi rappresenta Pino Piromalli in tutto e per tutto». Tre anni più tardi, nel 2016, lo stesso collaboratore si era soffermato sulle figure del boss inteso “Facciazza” e di suo figlio Antonio, principale imputato del processo “Provvidenza” nella cui indagine il Ros aveva denunciato i medici Tripodi. Riferendosi ai Piromalli, il pentito Russo ha spiegato che quando i due capicosca erano detenuti «la rappresentanza e la bocca per cui parlavano loro era quella del dottore Antonio Tripodi». Il fratello di quest’ultimo, Francesco Michele Tripodi, era sposato con la figlia del boss Mommo Piromalli.
Il pentito Arcangelo Furfaro, nel verbale del 2015, aveva affermato: «Questi sono Piromalli». E ancora: «Tutto un programma… se all’ospedale comandavano loro… all’ospedale di Gioia… allora ormai all’ospedale c’è poco… ma quando c’era la chirurgia, c’era tutto erano loro quelli che facevano i primari e i contro primari, il primario che deve venire… il primario che non deve entrare… Però sono a tutti gli effetti con i Piromalli, questo senza ombra di dubbio».
Nel 2015, invece, il pentito Marcello Fondacaro ha parlato ai magistrati di Fabiano Tripodi che dopo qualche sequestro subito da suo padre, in quanto genero di Mommo Piromalli, è diventato «l’amministratore di tutto». «Si muove facilmente con l’Asl – è scritto nel verbale di Fondacaro agli atti del processo Provvidenza – Può muoversi perché non ha pregiudizi giuridici… nel senso che non è indagato, non è pregiudicato e Fabiano Tripodi fa investimenti un po’ con tutti gli imprenditori gioiesi nelle ristrutturazioni immobiliari, immobili acquista vende».
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA