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REGGIO CALABRIA – Militari del comando provinciale della guardia di finanza di Reggio Calabria, con il coordinamento della locale Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, hanno sottoposto ad amministrazione giudiziaria per sei mesi la A.E.T. S.r.l., società reggina operante nel settore edilizio.
Il provvedimento scaturisce dalla richiesta avanzata dalla Procura dopo accertamenti da cui è emerso un rapporto di stabile ed oggettiva agevolazione tra le attività economiche della società ed i suoi soci ed amministratori Antonio Martino ed Andrea Cuzzocrea, con membri della famiglia “Guarnaccia”, questi ultimi coinvolti in vicende giudiziarie in relazione ai loro stretti rapporti con la cosca “Libri” operante nel territorio di Reggio Calabria.
Il patrimonio di Martino e Cuzzocrea è stimato in 10 milioni di euro circa,
Nello specifico sono emerse commistioni di interessi con una società di diritto arabo costituita, tra gli altri, da Francesco Guarnaccia, 52 anni, già condannato definitivamente per il delitto di intestazione fittizia aggravato dalle finalità di avvantaggiare la ‘ndrangheta, nonché con una ulteriore impresa, anch’essa di diritto arabo, nella cui compagine figura Giovanni Domenico Guarnaccia, 67 anni, soggetto già condannato definitivamente per intestazione fittizia di beni aggravata dalla finalità di agevolare la ndrangheta e segnatamente la cosca “Libri” di Reggio Calabria, già sottoposto a precedenti misure di prevenzione personali e patrimoniali.
In proposito, gli elementi investigativi acquisiti nell’ambito del contesto in rassegna, hanno consentito di far emergere sufficienti indizi in ordine alla “permeabilità” della A.E.T. S.r.l. rispetto alle infiltrazioni della criminalità organizzata, nonché in ordine alla agevolazione effettuata dalla società proposta in favore di soggetti legati alle cosche di ndrangheta, tali da determinare l’adozione dell’odierno provvedimento.
Il 31 gennaio 2018 la stessa società era stata sottoposta a controllo giudiziario per un anno, periodo prorogato iil 6 febbraio 2019 e il 5 febbraio 2020 , in ragione di un provvedimento interdittivo emesso nel 2017 dalla Prefettura di Reggio Calabria, confermato sia dal Tar che dal Consiglio di Stato.
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