Il Comune di Reggio Calabria
3 minuti per la letturaREGGIO CALABRIA – Ventidue dipendenti della Città Metropolitana di Reggio Calabria sono indagati per truffa aggravata ai danni dell’ente di appartenenza. Le indagini, condotte dai finanzieri della compagnia pronto impiego cittadina e coordinate dalla locale procura della Repubblica, avrebbero fatto emergere un sistema che consentiva loro di lasciare il posto di lavoro in orario di servizio. Il sistema era basato su favori reciproci ed espedienti posti in essere per attestare la presenza lavorativa negli uffici di appartenenza, e consentiva ai dipendenti infedeli di assentarsi indisturbati dal luogo di lavoro anche per diverse ore al giorno.
Alcuni impiegati non facevano neppure ingresso in ufficio, sebbene figurassero regolarmente in servizio. In dipendenti attestavano falsamente la presenza sul lavoro, raccogliendo, a rotazione, più tessere magnetiche vidimandole per certificare la presenza del personale, facendo sì che il solo “vidimatore” intraprendesse il servizio e che, solo in seguito, arrivassero alcuni degli altri, riuscendo così ad eludere ogni forma di controllo interno. È stato accertato che, in media, ciascun dipendente arrivava ad assentarsi anche per diverse ore al giorno, su un orario previsto giornaliero di 6 ore di servizio.
Molti impiegati giungevano la mattina con oltre 2 o 3 ore di ritardo e senza vidimare la presenza: il collega d’ufficio aveva, infatti, già provveduto ad attestare per loro l’entrata. Il favore veniva ricambiato dai colleghi “ritardatari” della mattina, all’uscita. In questo modo diversi impiegati potevano abbandonare, in modo del tutto arbitrario, l’ufficio con largo anticipo e senza dover registrare la fine del proprio turno di servizio. Alcuni impiegati, addirittura, “coperti” da colleghi d’ufficio, non si presentavano neppure sul luogo di lavoro, pur risultando regolarmente in servizio.
Con questo stratagemma, in ogni singolo gruppo, ciascun dipendente poteva rimodulare autonomamente la propria giornata lavorativa assentandosi liberamente e a propria discrezione, per poter così fruire di lunghe pause caffè nei diversi bar della città, per andare a fare spese lungo il corso cittadino o per dedicarsi a un’ altra attività lavorativa. Diversi indagati – sottolineano gli inquirenti – rientravano poi in ufficio dopo essersi assentati anche per diverse ore con le buste della spesa al seguito. Agli indagati è stato notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari.
Per la Procura emerge «un sistema di malaffare che, per i suoi caratteri di pervasività e diffusione nel contesto amministrativo dell’Ente, non poteva che realizzarsi e perdurare nel tempo attraverso atteggiamenti di radicata complicità tra i singoli indagati, per perseguire personali benefici, in un clima di cronico disinteresse per le funzioni pubbliche svolte e di totale assenza di senso del dovere».
La Guardia di Finanza ha infatti accertato che «con artifici e raggiri i dipendenti attestavano falsamente la propria presenza lavorativa, raccogliendo, a rotazione, più tessere magnetiche vidimandole per certificare la presenza, facendo sì che il solo “vidimatore” intraprendesse il servizio e che, solo in seguito, arrivassero alcuni degli altri, riuscendo così ad eludere ogni forma di controllo interno».
Alcuni impiegati, “coperti” da colleghi d’ufficio, non si presentavano neppure sul luogo di lavoro, pur risultando regolarmente in servizio «assentandosi liberamente e a propria discrezione, per poter così fruire di lunghe pause caffè nei diversi bar della città, per andare a fare shopping, per fare la spesa o, addirittura, per dedicarsi ad altra attività lavorativa».
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