L'ospedale di Reggio Calabria
2 minuti per la letturaREGGIO CALABRIA – Pene variabili da tre anni e mezzo a otto anni di reclusione sono state chieste dai pubblici ministeri Roberto di Palma e Anna Maria Frustaci al Tribunale di Reggio Calabria a conclusione della requisitoria nell’ambito del processo “Mala Sanitas”, a carico di medici e ostetriche dei reparti di ginecologia e rianimazione degli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria.
Le ipotesi di reato variano dal falso ideologico e materiale, alla soppressione, distruzione e occultamento di atti, nonché di interruzione di gravidanza senza il consenso della gestante, all’associazione a delinquere.
L’inchiesta era scaturita da un’intercettazione telefonica a carico dell’avv. Giorgio De Stefano, condannato in primo grado nel processo «Gotha» a venti anni di reclusione per associazione mafiosa, che interloquiva con il nipote Alessandro Tripodi, medico del reparto di ginecologia del «Riuniti», il quale si serviva del telefono di servizio intestato all’Azienda ospedaliera per contattare lo zio materno.
Nel prosieguo delle indagini, gli inquirenti venivano a conoscenza di alcuni casi di mala sanità accaduti proprio nel reparto di Ginecologia, in cui era risultata coinvolta anche la sorella di Alessandro Tripodi, che era stata ricoverata nel reparto del fratello per una patologia della gravidanza e poi indotta fraudolentemente – secondo l’accusa – ad interrompere la gestazione dal fratello con la complicità di altri sanitari e ostetriche del reparto. L’inchiesta faceva inoltre emergere la presenza di altri casi di “mala gestio” del reparto di ginecologia, con il coinvolgimento anche di sanitari del reparto di rianimazione.
La pena più pesante nel processo, otto anni di reclusione, è stata chiesta per l’ex primario del reparto Pasquale Vadalà; sette anni e sei mesi sono stati chiesti per la ginecologa Daniela Manuzio e sei anni per il ginecologo Alessandro Tripodi. Richiesta di assoluzione per l’ostetrica Mariangela Tomo e per i ginecologi Marcello Tripodi e Roberto Pennisi per sopravvenuta prescrizione.
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