Lo stadio della Juventus
1 minuto per la letturaREGGIO CALABRIA – «E’ indubitabile» che ci sia stato «un interessamento diretto delle “locali” piemontesi della ‘ndrangheta nella spartizione del business dei biglietti della Juventus». E’ quanto si legge nelle motivazioni della sentenza del processo d’appello “Alto Piemonte”, terminato a Torino lo scorso 16 luglio con 14 condanne. Uno dei filoni dell’indagine riguardava le infiltrazioni delle cosche tra la tifoseria organizzata.
SCOPRI TUTTI I CONTENUTI NEL FASCICOLO
IN AGGIORNAMENTO DINAMICO
SUI PRESUNTI RAPPORTI TRA ‘NDRANGHETA E JUVENTUS
Tra i condannati figura l’ex capo ultrà Fabio Germani, al quale sono stati infitti quattro anni, cinque mesi e dieci giorni di reclusione. In primo grado era stato assolto. Germani, secondo le carte processuali, era in contatto con Rocco Dominello, che gli inquirenti definiscono, insieme al padre Saverio, esponente della cosca Pesce-Bellocco di Rosarno. Dominello, fra il 2013 e il 2014, sarebbe riuscito a monopolizzare il bagarinaggio «attraverso l’estrinsecazione di un potere di intimidazione e di influenza sia nei confronti del tifo organizzato sia nei confronti dei dirigenti della società calcistica». E’ stato condannato a cinque anni.
Negli ambienti della ‘ndrangheta Saverio Dominello e il figlio Rocco erano conosciuti come “quelli del campo”. I giudici riportano il sunto di una intercettazione in carcere nel 2015 di un colloquio i «fratelli Crea», definiti «indiscutibilmente ai vertici del sodalizio ‘ndranghetista piemontese», che si riferiscono ai Dominello come «quelli del campo». L’espressione, secondo la sentenza, deve intendersi come «campo di calcio, posto che stanno discutendo di una divisa della Juventus che doveva essere regalata a un appartenente della famiglia Bellocco».
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA