La vittima Mary Cirillo
4 minuti per la letturaMONASTERACE – «L’ho uccisa io. È un diritto dei miei figli, è un diritto dei familiari di Mary, conoscere la verità».
Parla in aula Giuseppe Pilato, marito di Mary Cirillo, assumendosi la responsabilità del delitto della moglie, che venne uccisa a Monasterace il 18 agosto 2014 (LEGGI LA NOTIZIA DELL’OMICIDIO e LA RICOSTRUZIONE DELL’ACCADUTO).
La confessione è avvenuta ieri in aula durante il processo di secondo grado. Giuseppe Pilato (NELLA FOTO) è l’unico imputato. In primo grado l’uomo è stato condannato all’ergastolo (LEGGI LA NOTIZIA).
Pilato ha reso dichiarazioni spontanee durante una delle udienze del processo d’appello in corso a Reggio Calabria. Per due ore di fila ha risposto alle domande del presidente della Corte, Giuseppe Lucisano (giudice a latere Giuliana Maria Campagna), e a quelle del sostituto procuratore generale, Danilo Riva. Pilato è apparso molto provato; con la voce tremolante ha rivelato ogni dettaglio del terribile fatto di sangue avvenuto. Ha ripercorso ogni momento di quel tragico pomeriggio. Ha iniziato a raccontare la giornata del 18 maggio 2014 ed è andato avanti fin oltre il tragico epilogo.
LA RICOSTRUZIONE DI PILATO
Si era svegliato tardi quel giorno, intorno alle 13, a casa dei genitori, dove stava da tempo. Diede le chiavi di casa alla figlioletta più grande affinché si recasse alla loro abitazione per prelevare i vestiti da indossare la sera. Giuseppe Pilato è uscito dalla casa dei propri genitori ed intanto mandava a Mary tanti sms finalizzati a riconciliarsi. Quindi, come ogni giorno, si è recato nella casa coniugale, nella stessa zona di Monasterace marina, che a dicembre 2013 aveva lasciato, d’accordo con la moglie, non perché avesse problemi con la stessa ma solo per essere seguito nella terapia farmacologica dalla madre. Pilato stava male, era in cura psichiatrica già dal 2011.
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Nell’ultimo periodo era in cura presso uno psichiatra di Catanzaro, il quale aveva somministrato neurolettici ed antipsicotici dopo avergli diagnosticato un delirio di gelosia. Era ossessionato dall’idea che la moglie potesse tradirlo. Giuseppe Pilato la seguiva, le controllava il telefono, una volta si è nascosto sotto il letto o aveva raggiunto la sua abitazione a piedi, dal suo negozio di giocattoli, pensando di sorprendere la moglie a letto con un altro. Non ha mai scoperto la moglie a tradirlo. La prova del tradimento l’ha avuta solo nel corso del processo, quando la difesa, con la collaborazione del proprio consulente tecnico, ha estrapolato dal telefono della vittima una foto che la ritraeva con uno più giovane di lei, residente in un paese vicino a Monasterace. Anche i familiari della Cirillo, escussi in dibattimento di primo grado, hanno confermato che Giuseppe era morbosamente geloso. Aveva solo visto Mary in macchina con questo giovanotto che non era del luogo. Nulla di più.
Quel giorno, il pomeriggio del 18 agosto 2014, Giuseppe Pilato si recò alla casa coniugale, nella zona Ficarelle di Monasterace marina. Bussò e fu la moglie ad aprirgli. Ebbero una discussione sui presunti tradimenti. Fino a quando Cirillo non gli confermò che era pronta ad andare a vivere in Germania con lo stesso ragazzo che tempo prima aveva visto insieme, e che avrebbe portato con sé anche i suoi quattro figli. A quel punto Giuseppe Pilato non avrebbe capito più niente. Si recò a prendere la pistola in un armadietto allocato presso lo sgabuzzino, in prossimità della porta d’ingresso. In questo armadietto Pilato custodiva tutti i suoi oggetti personali. Un arco con le frecce, i fucili per la pesca, una balestra ed anche una pistola. L’arma del delitto. Un’arma clandestina. Mary Cirillo forse si era resa conto del tutto e stava provando a lasciare l’appartamento, a scappare. Pilato si piazzò davanti alla porta e d’impeto sparò due colpi in rapida successione, con quella stessa arma tenuta in casa. In quel momento, in casa con Mary Cirillo c’era il figlio più piccolo, di due anni, che dormiva nella culla. Pilato preso il figlioletto, uscì per andare a lasciarlo a casa dei nonni. Nel tragitto abbandonò la pistola in un cassonetto dei rifiuti. Si mise in macchina, una Fiat Multipla, e si recò a Guardavalle marina, dove lasciò il mezzo presso la stazione ferroviaria, senza premurarsi di prendere i documenti, soldi e sigarette, che rimasero sul sedile anteriore, così come successivamente vennero rinvenuti dai Carabinieri. Da qui iniziò la sua latitanza. Per cinque giorni Pilato si rese irreperibile (LEGGI DELLE RICERCHE A 360 GRADI).
Pilato, ieri, ha raccontato anche quei momenti. Si nascondeva nelle campagne tra Guardavalle e Badolato. Dormiva in uno di quei bunker di cemento della seconda guerra, disposti lungo la costa. Mangiava solo qualche frutto trovato nel suo peregrinare. Lavò in un fiumiciattolo il pantaloncino che indossava quando ha sparato la moglie, perché era macchiato di sangue. Pilato ieri ha ammesso anche di essersi pentito subito di ciò che ha fatto. Si recò alla stazione ferroviaria di Badolato, comprò giornale e sigarette e chiamò il suo legale (LEGGI LA NOTIZIA DEL MOMENTO IN CUI PILATO SI è COSTITUITO)affinché lo raggiungesse. Non ha confessato prima – ha dichiarato – perché solo l’assoluzione non lo avrebbe separato dai figli. Ma adesso dice che è un diritto dei suoi figli e che lo fa per loro, nonché un diritto per i familiari di Mary, conoscere la verità (LEGGI LA RICOSTRUZIONE DEI FAMILIARI).
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