Il bar senz’acqua
3 minuti per la letturaREGGIO CALABRIA – «Cose così non sono successe neppure durante la guerra». “Queste cose” sono 12 (dodici) giorni senza acqua dai rubinetti di casa. Per intenderci meglio quasi due settimane senz’acqua. Un episodio gravissimo e davvero incredibile che pure vivono alcuni cittadini nel cuore di Reggio Calabria. Anziani, malati, pazienti freschi di intervento chirurgico, giovani e bambini residenti nel cuore storico della città, piazza Carmine, nel cuore di un’afosa estate e di un rovente settembre inspiegabilmente senza una goccia d’acqua per lavarsi, cucinare, pulire abitazioni e negozi, figli ed animali domestici. Senz’acqua e senza spiegazioni, né aiuto, né supporto, nell’anno domini, già terribile di suo, 2020.
Una vergognosa situazione che investe quindici nuclei familiari (tutti residenti tra via Girolamo Arcovito, via Fra Gesualdo Malacrinò e via Agamennone Spanò) costretti, dopo ripetute, ed ignorate, segnalazioni agli organi competenti, a rivolgersi alla Polizia di Stato dove hanno sottoscritto una denuncia collettiva al Procuratore Capo della Repubblica. L’acqua il bene più prezioso per tutti ma qui il servizio pubblico essenziale (e lautamente pagato) è stato interrotto bruscamente lo scorso 26 agosto alle ore 14 e non più ripartito, senza che nessuno comunicasse il disservizio, avvertisse i cittadini, si premurasse di capire cosa è accaduto e di risolvere un problema gravissimo. Sulle vie che si affacciano a piazza Carmine hanno fatto capolino per qualche giorno alcuni dipendenti comunali che, supportati dai cittadini prostrati dal disagio idrico che gli hanno fornito finanche cacciaviti e piedi di porco, si sono solo limitati ad aprire i tombini per poi richiuderli, stringersi nelle spalle ed andare via. E l’acqua non è mai più tornata da quel 26 agosto.
Una disperazione per l’anziana signora sordomuta che, a gesti, tenta disperatamente di farti comprendere ciò che vive, una rabbia per il giovane barista costretto a rimetterci di tasca propria perchè costretto a usare plastica al posto del vetro per l’impossibilità di lavare piattini e tazzine, un’angoscia per l’esercente di una delle ultime mercerie della città che la mattina prima di aprire le saracinesche è costretta a riempire bidoni di plastica pur di potere mantenere lindo il proprio negozio: un’esigenza di pulizia che non è un vezzo della commerciante, lo ricordiamo, ma un atto più che mai doveroso nei confronti della propria e dell’altrui salute in tempi di Covid-19.
A loro si unisce anche il titolare di uno storico negozio di animali. «Ho riaperto da fine agosto ma i miei acquari hanno bisogno di acqua per il ricambio continuo delle vasche. Mi sono già morti tanti pesci ed ho dovuto disdettare gli arrivi delle nuove specie – ci dice mentre ci indica le vasche vuote – ai fornitori non saprei neppure dire quando inviarmeli: nessuno si degna di dirci qualcosa o di darci una spiegazione». A fare da portavoce ai disperati ed indignati per l’assenza d’acqua nell’intero isolato, un candidato a consigliere comunale in una coalizione schierata contro l’amministrazione Falcomatà. Sarebbe stato facile per lui cavalcare l’onda della contestazione in chiave elettorale ma per evitare che lo si accusi di strumentalizzazioni e che i diritti di tutti finiscano in secondo piano preferisce mettersi da parte.
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