Domenico Lucano
3 minuti per la letturaRIACE (REGGIO CALABRIA) – Nuovi guai giudiziari per il sindaco sospeso di Riace, Domenico Lucano, che proprio ieri è stato rinviato a giudizio (LEGGI) dal gup di Locri nell’ambito dell’operazione “Xenia”, condotta dalla Procura di Locri su irregolarità nella gestione dell’accoglienza ai migranti.
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Il pm di Locri, Ezio Arcadi, ha inviato il 10 aprile un avviso di conclusione delle indagini preliminari a 10 indagati, tra cui Lucano. Nove i capi d’accusa, tutti per il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
Lucano è indagato a vario titolo in concorso perché, nella qualità di sindaco e in alcuni casi, al contempo, di responsabile dell’unità operativa ufficio amministrativo del Comune di Riace, avrebbe indotto in errore il ministero dell’Interno e la Prefettura di Reggio Calabria, predisponendo una falsa attestazione in cui veniva dichiarato che le strutture di accoglienza per ospitare i migranti esistenti nel territorio del Comune di Riace erano rispondenti e conformi alle normative vigenti in materia di idoneità abitativa, impiantistica e condizioni igienico sanitarie.
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DELL’ACCOGLIENZA DOMENICO (MIMMO) LUCANO
«Laddove così in effetti non era», è l’ipotesi accusatoria della Procura, in quanto i vari immobili risulterebbero in alcuni casi privi di collaudo statico e certificato di abitabilità, e in altri casi privi del solo certificato di abitabilità.
«Documenti indispensabili» per come richiesto sia dal manuale operativo Sprar che dalle convenzioni stipulate tra il Comune di Riace e la Prefettura. »Dovendosi rilevare, altresì – annota diverse volte la Procura – la mancanza in capo a Lucano di qualunque competenza riconosciuta dall’Ordinamento circa il giudizio relativo ai requisiti tecnici che dovevano possedere gli immobili».
Oltre a Lucano, gli indagati sono l’amministratore della cooperativa “Girasole” e i privati proprietari degli appartamenti utilizzati per l’accoglienza: Maria Taverniti, amministratore unico della cooperativa; Giuseppe Tavernese, Debora Porcu, Giovanni Sabatino; Cosimo Damiano Pazzano; Raffaele Belfiore; Rinaldo Deluca; Luana Tosarello; Marco Iacopetta.
Intanto, per un anno ancora, Lucano non potrà fare rientro a Riace, il centro della Locride di cui é stato sindaco, a causa del divieto di dimora disposto a suo carico dal Tribunale della libertà di Reggio Calabria. É l’effetto determinato dal rinvio a giudizio deciso nei confronti di Lucano dal Gup di Locri, Amelia Monteleone, nell’ambito dell’inchiesta «Xenia» che nell’ottobre del 2018 portò all’arresto del sindaco sospeso di Riace.
Il Tribunale della libertà di Reggio Calabria, nel disporre la revoca dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Locri nei confronti di Lucano, emise a suo carico il divieto di dimora per sei mesi a Riace, impedendogli così di continuare a risiedere nel centro della Locride.
Periodo che adesso viene prolungato ad un anno per effetto del provvedimento di rinvio a giudizio. Lo stesso Tribunale della libertà di Reggio Calabria, comunque, dovrà pronunciarsi nuovamente sul divieto di dimora a carico di Lucano dopo il recente annullamento con rinvio del provvedimento da parte della Corte di cassazione.
«C’é un accanimento contro Riace, contro di me e contro l’esperienza di integrazione di cui il Comune ed io siamo stati protagonisti. Trovo assurdo che mi vengano contestati una truffa ed un falso che non ho mai commesso». Questo il commento a caldo di Mimmo Lucano che ha precisato come «nell’assegnazione degli alloggi e dei servizi per i migranti che sono stati accolti a Riace ho sempre agito, sulla base delle richieste che mi giungevano dalla Prefettura di Reggio Calabria, dettate anche dall’emergenza, nel rispetto della legalità e della legge».
«Ho visto che nelle nuove contestazioni che mi vengono mosse – ha concluso il sindaco sospeso di Riace – si parla di certificati di agibilità. Mi chiedo però se, per esempio, a San Ferdinando, nella baraccopoli smantellata appena nelle settimane scorse e dove sono morti alcuni migranti, si sia mai chiesto a chi la allestì a suo tempo il certificato di agibilità per un obbrobrio che ha rappresentato per molti anni una vergogna per la Calabria».
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