Maria Antonietta Rositani
2 minuti per la letturaREGGIO CALABRIA – «Ci sono tanti momenti di sconforto, ma cerco di tirarmi su e guardare il lato positivo della mia situazione. Non vedo l’ora di guarire il più possibile per riabbracciare il mio figlio piccolo, che è l’unico che ancora non ho potuto incontrare». È la testimonianza a “Storie Italiane”, su Rai1, di Maria Antonietta Rositani, la donna che il marito, Cirò Russo, il 12 marzo scorso, a Reggio Calabria, ha tentato di uccidere dandole fuoco (LEGGI).
IL MESSAGGIO DI MARIA ANTONIETTA SUI SOCIAL
«Sono state recuperate cellule staminali – ha aggiunto la donna dal letto dell’ospedale in cui é ricoverata e dove é stata sottoposta ad un primo intervento chirurgico – che mi sono state messe in alcune parti del corpo tra cui le mani, le gambe e poi piccole placchette sotto gli occhi e sulla fronte. L’operazione è andata bene e sono carica per la prossima. Inutile dire che qualche dolore lo sento, ma fa parte della guarigione».
Da parte sua, il padre di Maria Antonietta, Carlo Rositani, collegato dall’ospedale in cui è ricoverata la figlia, ha detto ad Eleonora Daniele, sempre a “Storie italiane”: «Io, 20 anni fa, non avrei mai dato mia figlia ad una persona che si é poi rivelata un mostro. All’epoca sembrava una persona per bene. Per me era come un figlio. Lo portavo nel cuore. Adesso lo definisco un ladro di vita perché ha rubato la sua stessa vita e quella di mia figlia a noi che siamo i genitori e a tutti. Quello che ha fatto non ha giustificazioni. Noi siamo persone per bene, la mia bambina è una persona per bene. Speriamo che la giustizia faccia il suo corso e che questo sia l’ultimo episodio di questo tipo. Maria Antonietta è la mia bambina. Ricordo ancora quando la portavo al parco in carrozzella… E poi a vent’anni si è fidanzata, ha conosciuto quest’uomo, un carabiniere. Lasciò l’Arma dei carabinieri per stare con lei. Pensavamo fosse amore vero. Ma poi, come accade spesso, ci fu il primo schiaffo e lei non si ribellò. Poi il quarto e il quinto. E poi si finisce al cimitero o, come mia figlia, qui a piangere».
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